I dazi di Donald Trump mettono a rischio le esportazioni agricole degli Stati Uniti. È lo stesso segretario all’Agricoltura, Sonny Perdue, a riconoscerlo dopo che le associazioni di categoria hanno più volte suonato l’allarme sulle probabilità che le ritorsioni – soprattutto da parte della Cina – si indirizzino verso i frutti della terra. Gli scambi di prodotti agricoli, da cui gli Usa hanno ricavato 138 miliardi di dollari nel 2017, «sono la punta della lancia delle ritorsioni», ha detto Perdue, un repubblicano di ferro come Trump. «Certamente ci sono alcune difficoltà commerciali legate alle tariffe su alluminio e acciaio», ha aggiunto, senza precisare a quali problemi si riferisse.
Pechino a febbraio ha avviato un’azione antidumping sulle importazioni di sorgo dagli Usa, si suppone in risposta ai dazi su lavatrici e pannelli solari. Ma in uno scenario di guerra commerciale la bomba atomica sarebbe lo stop agli acquisti di soia americana. Non c’è nessun’altra voce di esportazione che per Washington valga altrettanto. E nessun altro prodotto per cui gli Usa siano tanto dipendenti da un solo mercato estero.
Ogni anno vengono spedite in Cina circa 30 milioni di tonnellate di soia americana, ossia un terzo del raccolto Usa e il 60% delle esportazioni totali del legume. Gli acquisti cinesi di soia e derivati l’anno scorso hanno fruttato a Washington 14,6 miliardi di $.
Alcuni analisti pensano che Pechino non arriverà ad imporre dazi sulla soia: senza i fornitori Usa non sarebbe in grado di soddisfare il suo immenso fabbisogno, pari a oltre 100 milioni di tonnellate l’anno. Misure troppo drastiche finirebbero col provocare un aumento dei costi per l’industria alimentare e gli allevatori di bestiame cinesi.
L’American Soybean Association (Asa) è comunque preoccupata e ha scritto al presidente Trump per esortarlo a «modificare se non ritirare» i dazi su acciaio e alluminio, per «evitare una guerra commerciale che potrebbe seriamente indebolire la nostra industria», avvantaggiando il Brasile.
La Cina sta già acquistando sempre più soia dal Sudamerica. E proprio il Brasile – dove Pechino ha investito in infrastrutture di trasporto – ha scavalcato gli Usa come primo fornitore di soia, con esportazioni che superano ormai 50 milioni di tonnellate l’anno. La soia «made in Usa» (e solo quella) da qualche mese è intanto diventata oggetto di rigidi controlli alle frontiere cinesi, ufficialmente per verificare che i carichi non siano contaminati da infestanti.
© Riproduzione riservata