Lo shopping in Brasile da parte del gruppo Enel non è l'espressione di una volontà di crescita in terre esotiche, tanto per accumulare attività e potere lontano dal controllo pubblico. Dal 2006, da quando cioè la società dell'energia elettrica ha acquisito il controllo della spagnola Endesa, che a sua volta possedeva molte società ed attività in Sudamerica, il gruppo è diventato nei fatti una multinazionale.
L’acquisizione all'estero, che allora cumulò una notevole mole di debito sulle spalle dell’utility (oggi sotto controllo a circa 37 miliardi, a fronte di un margine operativo lordo tra 15 e 16 miliardi), nasceva a sua volta dall'esigenza di garantire una prospettiva di crescita, dopo che a inizio anni Duemila la società era stata costretta a vendere centrali e reti di distribuzione cittadine per garantire l’apertura del mercato in Italia.
Un gruppo da 75 miliardi di ricavi, metà all'estero
Oggi il gruppo guidato da Francesco Starace vale 53 miliardi di euro e rappresenta una delle più brillanti utility a livello globale. A fine 2017 la società ha totalizzato ricavi per 74,6 miliardi e generato un utile netto di 3,7 miliardi. Sul totale dei ricavi, ormai solo la metà, pari a 38,7 miliardi, è generata in Italia. Circa 20 miliardi arrivano dalla Spagna, 13 miliardi dal Sudamerica: qui la crescita del fatturato rispetto a fine 2016 è stata pari al 22,2 per cento, contro una crescita del 4,7% dei ricavi in Italia. Il resto arriva da Africa, Centro e Nord America, Asia.
In Sudamerica più prospettive di crescita
Dunque, tornando al quesito iniziale: perché Enel vuole spendere soldi per comprare una società di distribuzione in Brasile, nella fattispecie Eletropaulo? Il primato che la società ha conquistato a livello globale va difeso: soprattutto in un'era in cui la digitalizzazione sta esponendo i modelli di business tradizionali a numerose forme di concorrenza. Il Sudamerica, come abbiamo visto, e il Brasile in particolare, nonostante le sue crisi a fasi alterne, rappresentano regioni con elevate potenzialità di crescita legate allo sviluppo relativamente recente e alla forte crescita della domanda di energia elettrica. Domanda alla quale si accompagna la capacità di fornire servizi a valore aggiunto, come l'interazione tra cliente e azienda elettrica consentita dai contatori di nuova generazione, alla domotica, che avrà un'ulteriore sviluppo anche con la fibra ottica, business nel quale Enel è presente in Italia in joint venture con la Cassa depositi e prestiti.
Il piano industriale di Enel prevede l'esportazione del modello dei contatori digitali e della fibra ottica (anche se in questo caso non in partnership con Cdp) in Sudamerica. Tutti questi servizi si possono vendere se si possiede una solida base di clienti, in particolare quelli collegati alle reti di distribuzione. Enel ha oltre 60 milioni di clienti in giro per il mondo, 10 milioni solo in Brasile dove circa un anno fa ha comprato una società di distribuzione, Cel-G (ne possedeva già altre). Eletropaulo ne porterebbe in dote altri 7 milioni.
Paga la massaia brasiliana
Il piano industriale prevede espressamente la crescita attraverso lo shopping nel settore della distribuzione e già da parecchio tempo Enel stava tenendo d'occhio Eletropaulo, anche perché alcuni azionisti, come l'utility Usa Aes, vogliono vendere e altrettanto valutano di fare gli azionisti pubblici (tra cui una sorta di Cdp brasiliana) che assieme possiedono circa il 25 per cento del capitale. Per la società italiana il bocconcino di Eltropaulo è ghiotto. Ma lo è anche per una sua accanita concorrente, la spagnola Iberdrola, anch'essa come Enel capace di gestire in modo molto efficiente le reti di distribuzione e quindi in grado di guadagnarci comunque (facendo efficienze sui costi), anche se dovrà spendere molto per comprare la società.
Questo spiega l'accanimento sull'azienda brasiliana: le due società si sono sfidate a colpi di rilanci sui prezzi di Borsa, raddoppiandone il valore in meno di due settimane. Oggi le offerte per aggiudicarsi Eletropaulo si aggirano attorno a 1,5-1,6 miliardi di euro, ma il prezzo finale sarà sicuramente più alto, perché fino all'8 maggio c'è tempo migliorare le proposte e poi è prevista un'asta vera e propria il 18 maggio.
Enel finanzierebbe l'operazione con fondi delle sue controllate, come Enel Brasil. Non si tratta quindi dei soldi versati con la bolletta elettrica dalla massaia italiana, caso mai di quelli dalla massaia brasiliana. Il reale rischio che si cela dietro questo scontro è quello di creare un pericoloso precedente: la corsa a comprare le società di distribuzione in Sudamerica può far aumentare automaticamente il prezzo di tutte le altre società simili potenzialmente in vendita in quelle aree geografiche, rendendo molto costose possibili operazioni future di acquisto. Senza contare, poi, il rischio che un'altra delle periodiche crisi che investono il Brasile riduca almeno un po’ le elevate prospettive di crescita che hanno giustificato il pagamento di prezzi molti alti.
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