NEW YORK - L’ultima profezia dell'Oracolo di Omaha riguarda il suo futuro. Warren Buffett ha effettuato il pronostico più difficile e forse controverso della sua pur lunga carriera: che la sua corazzata finanziaria Berkshire Hathaway, che ha inventato e portato a successi con pochi paralleli a colpi di magistrali acquisizioni e investimenti nella Corporate America, continuerà a navigare nell'ottimismo anche senza la mano del suo longevo timoniere, ormai 87enne.
Il segreto? È emerso tra le righe durante l’ultima assemblea annuale, o meglio la Woodstock del capitalismo come è noto il tradizionale appuntamento nella sperduta Omaha, in Nebraska, che attira in egual numero migliaia di soci e ammiratori (a Omaha lo scorso fine settimana per l'assemblea sono arrivati in 40.000, senza contare chi ha seguito l'evento online).
Due gli ingredienti della ricetta che tutti, pubblico e esperti, hanno potuto carpire: un'attività che ha accumulato oltre 60 business diversi, tutti oculatamente gestiti. E un accurato, se ancora in parte irrisolto, piano di successione alla testa di questo vero impero, uno degli ultimi rimasti per ampiezza e diversificazione. Che consentirà a Berkshire, cioè, di fare a meno del padre fondatore. La conglomerata - nelle parole di Buffett, esagerate ma chiare nelle intenzioni - «non dipende da me».
La gara a prendere le redini, di sicuro, è stata curata nei minimi dettagli, al contrario di quanto accade spesso alle spalle di titani del business: i due prescelti per sfidarsi “amichevolmente” a prendere il suo posto - se non ad avere la sua immagine iconica - sono i già predestinati Greg Abel e Ajit Jain. Sono stati ora promossi a vice-presidenti, formalizzando ancor più il loro ruolo di principi ereditari. «La reputazione appartiene a Berkshire», ha detto Buffett incoronando i futuri successori. «Rimarremmo la prima destinazione per chiunque abbia a cuore un'attività», ha aggiunto facendo esplicito riferimento alla fama conquistata in molti anni di operazioni d'essere un investitore che rileva aziende con sani obiettivi di lungo periodo.
I dubbi ancora di tanti possono essere perdonati, visto la personalità di Buffett e il suo ruolo tuttora significativo nel gruppo. L'altro soprannome dell'assemblea annuale di Berkshire non a caso è Buffettpalooza, come dire la kermesse di Buffett. Il quale tuttora supervisiona personalmente buona parte degli investimenti finanziari. Due gestori, Ted Weschler e Todd Combs, hanno oggi un portafoglio di 25 miliardi di asset azionari per addestrarsi a ruoli di vertice accanto ai delfini designiati, con il resto degli investimenti in titoli e la cassaforte in contanti, che supera i 108 miliardi, sotto l'occhio vigile dell'Oracolo.
La scommessa di Buffett sulla continuità futura ha però solide fondamenta nelle ramificazioni consolidate delle attività di Berkshire e la loro performance indipendente. Pochi ricordano che alle origini era poco più di una scatola vuota: una piccola e storica impresa tessile in crisi, con radici in Rhode Island e Massachusetts, che Buffett rilevò nei primi anni Sessanta. Trasformata progressivamente in quel che è adesso da lungimiranti operazioni in industrie che ha capito a fondo. Oggi controlla enormi attività disparate ma con quel minimo come denominatore della comprensione e del valore intrinseco: assicurazioni, ferrovie, servizi di distribuzione di elettricità, imprese manifatturiere, retailers, alimentari. I marchi più noti includono Dairy Queen (alimentari), See's Candy (dolci), Duracell (pile), Fruit of the Loom (biancherie), Geico (assicurazioni), Bnsf railway (ferrovie), Lubrizol (chimica), NetJet (aviogetti).
Le sue partecipazioni azionarie vedono, a fianco, importanti quote in colossi del calibro di Apple (dove ha appena comprato 75 milioni di nuove azioni) e Coca-Cola, Wells Fargo e Bank of America, KraftHeinz (Berkshire è stata cruciale per la fusione dei due antichi brand nel 2015 allo scopo di rilanciarli da crisi) e American Express. La sua fama lo ha trasformato a volte in cavaliere bianco d'eccezione, come nel caso di Goldman Sachs, nella quale investì miliardi all'indomani della crisi finanziaria, dandole una necessaria iniezione di fiducia (e senza però rinunciare a discreti profitti dalla transazione).
A conti fatti la holding Berkshire vanta 377.000 dipendenti, un giro d'affari da 242 miliardi l'anno, utili per 45 miliardi e un prezzo delle azioni attorno ai 300.000 dollari (292.600 dollari per l'esattezza), che ne fanno il titolo più caro in assoluto. La sua market cap, 486 miliardi, è la sesta a Wall Street. Un gigante non dai piedi d'argilla. Che Buffett potrebbe aver costruito a prova dell'ultima, impossibile, sfida: quella di sopravvivere a se stesso.
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