La tregua all’interno dell’Opec è durata poco e dopo le ultime interferenze di Donald Trump – che lo scorso weekend si è scatenato con messaggi via Twitter, interviste tv e telefonate ai sauditi – l’Organizzazione degli esportatori di greggio ora sembra vicina al punto di rottura: una crisi che potrebbe sancire a tutti gli effetti la spartizione dei mercati petroliferi tra Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita.
L’Iran ha chiesto l’intervento del presidente di turno dell’Opec, l’emiratino Suhail Al Mazrouei, perché richiami i Paesi membri al rispetto degli impegni assunti al vertice di Vienna, astenendosi da «misure unilaterali che minino l’unità e l’indipendenza del gruppo».
Lo sforamento dei tetti di produzione costituirebbe «un’infrazione degli accordi», denuncia il ministro iraniano Bijan Zanganeh nella lettera, datata 30 giugno: lo stesso giorno in cui il presidente Usa aveva twittato di aver ottenuto da Riad la promessa di un supplemento di greggio di ben 2 milioni di barili al giorno, in pratica l’intera capacità residua saudita.
Il messaggio ha scatenato polemiche non solo a Teheran, tanto da spingere sia i sauditi sia la stessa Casa Bianca a una parziale rettifica. Trump aveva scritto di aver chiesto a re Salman 2mbg in più «per via delle instabilità e delle disfunzioni in Iran e Venezuela» e aveva concluso: «Prezzi troppo alti! Lui ha accettato».
Una nota ufficiale della Presidenza Usa ha in seguito precisato che il sovrano saudita «ha affermato che il Regno ha una capacità di riserva di 2 mbg, che userà con prudenza se e quando necessario (...) e coordinandosi con i suoi partner».
Ancora più smorzato il tono della Saudi Press Agency, che non ha parlato di volumi, limitandosi in sostanza a confermare la telefonata tra i due leader.
Trump è tornato alla carica anche domenica sul canale tv “amico” Fox News, ma l’intervista con la celebre anchorwoman Maria Bartiromo era stata in realtà registrata venerdì, dunque prima del tweet.
L’Opec è «al 100% responsabile» di manipolazioni sul mercato del petrolio, ha detto il presidente Usa, e «farebbe bene a smettere perché stiamo proteggendo molti di quei Paesi». Trump ha anche vantato «ottime relazioni» con la casa reale saudita, che lo rendono fiducioso. «L’Iran è il loro grande nemico, quindi dovranno mettere più petrolio».
Riad potrebbe essere restia ad accelerare a tavoletta le estrazioni:la produzione massima di 12 mbg non è mai stata raggiunta e per molti analisti è solo teorica. Ci vorrebbero mesi e si rischierebbe di danneggiare i giacimenti. Inoltre i sauditi perderebbero ogni margine di manovra, in caso di ulteriori problemi sul mercato. E le emergenze sono davvero infinite: in Libia ora è in «forza maggiore» anche l’export dai porti di Zueitina e Hariga (oltre a Ras Lanuf ed Es Sider) e la produzione off line è salita a 850mila bg.
L’Arabia Saudita in ogni caso ha già superato la sua quota Opec, alzando l’output di ben 700mila bg in giugno (a 10,7 mbg secondo stime Reuters). Lo stesso ha fatto il Kuwait, che afferma di aver aumentato di 85mila bg da questo mese (gli accordi Opec consentivano al massimo +7mila).
Entrambi i Paesi si stanno preparando ad andare oltre, anche con il riavvio di Khafji, giacimento offshore nella Neutral Zone che condividono, fermo dal 2014: la giapponese Toyo Engineering ieri ha comunicato il rinnovo del contratto di servizio in vista di una ripresa delle estrazioni nel 2019, con un potenziale di 350mila bg.
La Russia, alleato esterno all’Opec, ha intanto confermato di aver alzato l’output di 100mila bg a giugno superando 11 mbg per la prima volta da aprile 2017 (e andando sopra il tetto concordato).
Negli Usa è stato il dipartimento di Stato a tornare sul tema petrolio. «Il nostro obiettivo è aumentare la pressione sul regime iraniano azzerando le sue entrate derivanti dalla vendita di greggio», ha spiegato il senior advisor Brian Hook. «Stiamo lavorando per minimizzare i problemi sui mercati globali, ma abbiamo fiducia chenel mondo ci sia abbastanza capacità produttiva di riserva».
Hook – che questa settimana si recherà in Europa e «nei prossimi giorni» nell’area del Golfo Persico – ha ribadito che Washington discuterà «caso per caso» l’eventuale esonero dalle sanzioni extraterritoriali, ma che non prevede di consentire a nessuno la possibilità di continuare a rifornirsi da Teheran.
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