Incurante delle tensioni internazionali, l’oro continua a perdere terreno. Ieri, nella quarta seduta consecutiva di ribassi, il metallo è sceso fino a 1.220,81 dollari l’oncia, il minimo da un anno.
Rispetto al picco di metà aprile la flessione supera il 10% e l’analisi tecnica suggerisce la possibilità di un’ulteriore discesa, specie se il dollaro continuerà a mantenersi forte.
L’ultimo affondo è stato provocato dalla testimonianza al Congresso Usa del presidente della Fed, Jerome Powell, che ha confermato le attese di rialzo dei tassi. Pesano sull’oro anche le minori aspettative di inflazione, dopo che il prezzo del petrolio Brent è sceso ai minimi da tre mesi, sotto 72 $/barile.
C’è comunque un nutrito numero di esperti che considera ormai eccessiva la debolezza del lingotto. Il 17% dei gestori nel sondaggio mensile effettuato da Bank of America Merrill Lynch ritiene che le quotazioni siano troppo basse e che non rispecchino più i fondamentali. La percentuale di “contrarian” è la più alta mai registrata dal sondaggio e la stessa Baml si schiera dalla stessa parte, consigliando di andare «lunghi sull’oro e corti sui titoli tecnologici Usa».
Una nota di Julius Baer richiama anche l’attenzione sulla forte esposizione ribassista degli speculatori, che potrebbe essere terreno fertile per un rimbalzo delle quotazioni dell’oro. «Le posizioni corte dei trader speculativi, come gli hedge funds, sono vicine a livelli record – scrive l’analista Carsten Menke – Con il dollaro che secondo le attese potrebbe invertire la rotta, attenuando la tensione al rialzo sul rendimento dei bond, nel medio lungo termine per l’oro dovrebbero aprirsi opportunità di acquisto».
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