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La gara per il 5G e quell’involontario regalo italiano ai francesi di…

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La gara per il 5G e quell’involontario regalo italiano ai francesi di Iliad

Chissà se Xavier Niel, il francese «signore dell’Internet low cost», conosce il latino. Perché il famoso proverbio “Nemo propheta in patria” sembra calzare a pennello per la sua Iliad, la compagnia telefonica con prezzi da hard discount (6,99 euro al mese per 40 giga e minuti illimitati). In Italia la neonata compagnia gode di vantaggi che in patria, appunto, si sogna.

Il prossimo 10 settembre parte la grande sfida per il 5G, la tecnologia del futuro per le Tlc, la nuova autostrada su cui viaggeranno smartphone sempre più veloci e potenti. Il ministero dell’Economia ha ammesso 7 concorrenti alla gara: Tim, Vodafone, Wind 3, Fastweb, Linkem, Open Fiber (che non è una compagnia telefonica ma un gestore di infrastruttura) e pure il “newcomer” Iliad. Ciascuno cercherà di accaparrarsi uno dei 17 lotti in asta (si va dai 700 Megahertz fino ai 26 Gigahertz). Ma con una differenza: mentre tutti gli italiani, dall’ex monopolista Tim fino all’outsider Linkem, dovranno presentare offerte e chi farà il prezzo più alto si aggiudicherà un lotto, lo «straniero» Iliad avrà una corsia preferenziale: gli sono stati riservati due lotti da 5 Megahertz della banda a 700 Mhz, quella più pregiata. Sarà l’unica compagnia a gareggiare nell’arena riservata ai nuovi entranti: ai francesi dunque sarà sufficiente la base d’asta per accaparrarsi le frequenze, a un prezzo che sarà più basso dei concorrenti. Dopo l’apertura delle buste, infatti, tutte le altre compagnie si dovranno sfidare a colpi di rilanci (cosa a cui potrebbe essere costretta anche Iliad ma solo se le frequenze non saranno sufficienti).

Non c’è nessun favoritismo, è una prassi comune a tutta la Ue e sta scritta nella delibera monstre dello scorso maggio dell’AgCom: 147 pagine in cui l’Authority ha fissato le regole per la gara del 5G e ha deciso di riservare un lotto ai nuovi entranti (comma 107 del provvedimento) che siccome sono uno soltanto, Iliad, gareggierà già sapendo di aver vinto.

Distorsioni da libero mercato: in ogni Paese i nuovi entranti storicamente godono di alcuni benefici (“remedies”) per compensare lo strapotere degli incumbent. Nel caso di Iliad l’esito è paradossale: la compagnia si trova a essere più avvantaggiata in Italia che in casa. In Francia, il marchio Free, di proprietà di Iliad, non ha goduto di un simile trattamento. Nonostante la compagna avesse uno spettro sfavorevole (nell’assegnazione delle risorse spettrali ad 800MHz, 2600MHz e 700MHz), la Arcep, l’equivalente parigino della AgCom, non ha alcun lotto riservato.

L’aiutino, involontario, a Iliad è destinato a riaccendere le polemiche sullo sbarco dei francesi in Italia, già finiti nel mirino della politica. Un dossier su Iliad e i dubbi sulla sicurezza è già stato depositato sul tavolo del Ministro Matteo Salvini da Tim. A cavallo dell’estate, prima della chiusura d’agosto, Iliad è finita anche sui banchi del Parlamento: il senatore Maurizio Gasparri, il padre della riforma tv e dell’editoria, ha sollevato la questione del presunto «buco» alla sicurezza nazionale della Legge Pisanu, citando il reportage del Sole 24 Ore che per primo ha mostrato le falle del sistema, dove clienti si sono visti bloccare la Sim solo dopo 24 ore che si era scoperto un problema di identità.

Lo sbarco della compagnia low cost ha scatenato un pandemonio pure in un mercato iper-evoluto e competitivo come l’Italia e dove si pensava che lo sbarco di Iliad non avrebbe poi mosso più di tanto: invece l’exploit estivo delle simbox, che pare si stiano avvicinando al record di 2 milioni di abbonati in un paio di mesi, ha impaurito i big del mercato che sono corsi ai ripari, lanciando anche loro dei marchi low cost autonomi. La gara al ribasso innescata da Iliad fa felici i consumatori, che godono di prezzi sempre più ridotti, ma sul medio termine rischia di impoverire tutta l’industria: prezzi più bassi portano a minori investimenti (si tagliano costi per recuperare margini); minori investimenti distruggono valore che sua volta distrugge salari e occupazione.

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