L’estate di fuoco dell’energia non è ancora finita. Ora anche i prezzi del petrolio si sono rimessi a correre, riportando il Brent vicino a 80 dollari al barile, ai massimi da quattro anni. È l’ennesimo record, che sui mercati europei si aggiunge a quelli registrati da elettricità, gas, carbone: una sequenza impressionante di rincari – trainati soprattutto, ma non solo dal rally della CO2 – che minaccia di pesare sulle nostre bollette.
Per le imprese si profila un rincaro del 10% per l’elettricità e del 30% per il gas, secondo stime elaborate da Energindustria, consorzio promosso da Confindustria Vicenza. E anche per le famiglie il conto potrebbe essere salato, a meno di una brusca inversione di tendenza sui mercati dell’energia all’ingrosso. Negli ultimi giorni a dire il vero qualche seduta ribassista c’è stata. Ma la volatilità, provocata anche da fenomeni speculativi, è altissima e carica ogni previsione di incertezza. Gli scossoni più forti si sono verificati sul mercato dei diritti per l’emissione di anidride carbonica, in parole povere i «permessi per inquinare», che utilities e società energivore in Europa sono obbligate a comprare per compensare la CO2 che scaricano in atmosfera: il prezzo è sceso di quasi il 20% la scorsa settimana, ma in questo modo ha solo cancellato il balzo che aveva fatto in un paio di sedute.
Prezzo della CO2 quintuplicato
Rispetto a un anno fa il prezzo della CO2 è quasi quintuplicato, superando 25 euro per tonnellata (ieri sfiorava 21 €): livelli raggiunti molto in fretta, con lo zampino di alcuni hedge
funds e di aggressive operazioni di copertura dai rischi condotti da alcune grandi società, ma che trovano una giustificazione
fondamentale nella riforma europea che dal 2019 imporrà il ritiro dalla circolazione del surplus di permessi che si era
creato con la recessione e che manteneva i prezzi troppo bassi: una situazione che impediva al mercato di svolgere la sua
funzione, che è quella di stimolare l’efficienza e l’impiego delle fonti energetiche più pulite.
Le rinnovabili non bastano
L’obiettivo rimane però sfuggente. Anche il gas – meno inquinante del carbone e prezioso per la transizione verso un futuro
a zero emissioni – è aumentato di prezzo nelle settimane scorse, a livelli mai visti nel periodo estivo: oltre 28 euro per
Megawattora sui principali hub europei. Le rinnovabili intanto sono sì avvantaggiate dai costi record della CO2 e del carbone
(anche questo salito ai massimi da 5 anni in Europa), ma fino a poco tempo fa hanno deluso le aspettative: nel Vecchio continente
c’è stato molto sole l’estate scorsa, ma non altrettanto vento. E anche altre fonti sono state penalizzate.
«Le temperature hanno raggiunto livelli eccezionalmente alti anche nel Nord Europa – spiega Leonardo Zampiva, direttore di Energindustria – Questo oltre a determinare un grande aumento dei consumi, ha portato a una riduzione della produzione idroelettrica e ha imposto un freno alle centrali nucleari francesi per la scarsità di acqua necessaria al raffreddamento. Tutto ciò ha inciso infine inevitabilmente sui costi delle materie prime energetiche». Secondo i dati del consorzio le quotazioni di questi giorni della componente energia all’ingrosso per l’anno 2019 valgono circa 68-70 euro per Megawattora, mentre nello stesso periodo dello scorso anno le quotazioni fisse per il 2018 si attestavano a circa 48 €/MWh, con un aumento del prezzo dell’energia di quasi il 45% in un anno.
Prezzi del gas +50%
«Tenuto conto del fatto che per un’azienda non energivora la componente energia pesa per il 30% circa sul totale in fattura,
l’aumento dei costi della bolletta elettrica previsto per il prossimo anno potrebbe essere del 10-13% – rileva il presidente
del consorzio Carlo Brunetti – Non va meglio per quanto riguarda il gas naturale, perché le quotazioni di questi giorni
per il prossimo inverno sono circa del 50% superiori rispetto a 12 mesi fa, cosa che comporta un impatto sui costi per le
imprese che potrebbe arrivare a un +30-40% in bolletta».
«Considerando il medesimo periodo di riferimento mai prima d’ora si era assistito a un simile rincaro», osserva Brunetti. «Continueremo a mettere in atto tutte le strategie utili a limitare gli effetti dei rialzi di prezzo, a partire dal giornaliero monitoraggio dei mercati fino all’esercizio del nostro forte potere contrattuale legato ai grandi volumi trattati». La sfida è impegnativa. Anche i prezzi all’ingrosso dell’elettricità si sono messi a correre (con punte addirittura oltre 120 €/MWh nel corso della giornata per il PUN), entrando in una perversa spirale rialzista: da un lato inseguono il rally della CO2 e i rincari di qualsiasi fonte fossile, dall’altro contribuiscono ad alimentarli, perché i margini nella generazione elettrica rimangono elevati. Persino per le centrali più inquinanti.
Il quadro è completato da consumi molto elevati e da un’intensa attività degli operatori sul mercato, con fenomeni speculativi probabilmente anche sui mercati fisici e certamente su quelli dei derivati. È della scorsa settimana la notizia di un trader norvegese che, scommettendo sulla differenza dei prezzi dell’elettricità in Scandinavia e in Germania, è incorso in perdite così forti da provocare un buco di oltre 100 milioni di euro nel fondo di garanzia del Nasdaq.
© Riproduzione riservata