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Cdp modello francese, crescerà sul territorio con la rete di Sace

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il piano industriale

Cdp modello francese, crescerà sul territorio con la rete di Sace

Un unico filo rosso: l’esigenza di ridurre la distanza con il territorio. E due focus principali: da un lato, infrastrutture e pubblica amministrazione, dall’altro, le aziende. Comincia a delinearsi il piano industriale del nuovo ad di Cassa depositi e prestiti, Fabrizio Palermo, che dovrebbe vedere la luce a fine novembre. E che non conterrà rivoluzioni o stravolgimenti dell’identikit di Cdp per trasformarla in una banca pubblica. Né Palermo, che conosce la macchina a menadito e i paletti, statutari e non, che ne delimitano il perimetro, ha intenzione di aprire a operazioni straordinarie non in linea con la mission della Cassa (leggi Anas o Autostrade) o, peggio, all’ingresso in aziende decotte.

L’obiettivo, ambizioso, del top manager, che ha dalla sua un’esperienza diversificata lungo tutta la catena del valore (prima nella banca d’affari Morgan Stanley, poi in McKinsey da specialista di risanamenti e rilanci industriali, e infine in una grande azienda come Fincantieri) e che può contare anche sull’ottimo affiatamento con il neopresidente Massimo Tononi, è semmai un altro: semplificare il soggetto-Cdp che interloquisce con l’ente locale o l’imprenditore, creando un unico account. E rispondendo così alla richiesta, proveniente sia dal mondo imprenditoriale sia dalla Pa, di una più facile accessibilità all’universo Cassa e ai suoi prodotti che, ragiona l’ad, nel tempo si sono andati moltiplicando e, spesso, sovrapponendo e che vanno quindi, dove necessario, sfrondati e razionalizzati.

Fin qui il cambio di prospettiva che Palermo, peraltro, ha applicato fin dalla prima uscita pubblica, a Genova, subito dopo il crollo del ponte Morandi, dove è arrivato, non a caso, accompagnato da diverse aziende della galassia Cdp (da Fincantieri a Terna, a Snam) proprio per marcare l’approccio industriale, che vuole essere il suo “marchio di fabbrica”, e con la volontà di mettere mano subito all’emergenza fornendo le prime risposte concrete alle famiglie sfollate. Sempre nell’ottica della massima vicinanza al territorio, sfruttando anche l’asse con i soci di minoranza, le fondazioni bancarie.

Il modello, nemmeno troppo lontano, sembrerebbe essere quello della “Banque des Territoires” che la Cdp francese ha lanciato a maggio per offrire una struttura unica ai suoi clienti sul territorio, divisa per filoni d’attività e organizzata in 16 direzioni generali e 35 sedi territoriali. Ecco perché, nel nuovo piano - il cui orizzonte temporale, a tre o a cinque anni, non è stato ancora sciolto -, una delle priorità sarà l’ampliamento della presenza in tutta la penisola, sfruttando sì la rete già esistente di Sace, ma cercando anche sull’export, dove pure molta strada è stata fatta, di spingere ancor di più sull’integrazione e sulla razionalizzazione garantendo una copertura univoca. Le imprese devono cioè potersi rapportare con un solo interlocutore, proprio come accade Oltralpe, dove, in funzione dei bisogni del cliente, la banca dei territori interviene in tutte le tappe di un progetto o di una richiesta, a monte come a valle.

Una logica che Palermo vorrebbe replicare anche nel dialogo con gli enti locali con una Cassa che si pone non più e non solo nella veste di finanziatore ma in un affiancamento ad ampio spettro. Per riempire quel vuoto di buoni progetti che spesso si registra nei territori, in modo da ritagliare a Cdp anche un ruolo nella promozione e progettazione di nuove infrastrutture. Per ora è poco più che una suggestione, ma ai piani alti di Via Goito appare chiaro che le mutate condizioni in cui si muove oggi la Pa, schiacciata dai vincoli del patto di stabilità, impongono forse un aggiornamento della gamma di possibili interventi.

Infine, il capitolo equity. Anche qui Palermo vuole procedere con la razionalizzazione e accorciare, dove possibile, la catena di comando. Il motivo è presto detto: la mappa di partecipate e controllate è eccessivamente stratificata, troppe le scatole societarie messe in piedi nel tempo, non senza doppioni. Ergo: occorrerà valutare ciò che è sostanzialmente strategico e ciò che ha contribuito a creare dei campioni nazionali (per esempio, nell’agricoltura o nel turismo) e ragionare sull’opportunità di riconsiderare le restanti iniziative. Il lavoro su questo fronte, va detto, è ancora a uno stadio embrionale, ma una semplificazione forte è giudicata non più differibile.

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