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Cir, tetto a 3mila euro pro capite. Il Governo punta a 15 miliardi

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RISPARMIO

Cir, tetto a 3mila euro pro capite. Il Governo punta a 15 miliardi

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Una deduzione del 23% sulle somme investite nei «Cir» al posto del più generoso credito d’imposta ipotizzato finora. E un tetto individuale a 3mila euro. Un terzo limite, complessivo, fissa il massimo della raccolta a 15 miliardi: livello comunque ambizioso, perché con i 3mila euro massimi pro capite significherebbe mettere in fila 5 milioni di adesioni.

In un altro giorno difficile per i titoli italiani sui mercati, si conferma il progetto di avvio dei «conti individuali di risparmio», che dovrebbero farsi largo nel decreto fiscale collegato alla manovra. Ma le ultime evoluzioni del testo modificano il premio fiscale e pongono una serie di vincoli pensati per non sottrarre fondi agli altri strumenti, e non complicare una gestione della liquidità bancaria già messa alla prova dalle fiammate dei Btp e dall’uscita dal Qe. Il cantiere dei Cir ha visto il confronto con alcune delle principali banche italiane, dove si guarda con molto interesse ai nuovi conti individuali come strumento di diversificazione per i risparmiatori in un prodotto che non si sovrappone con nessun altro oggi sul mercato. «Abbiamo definito l’architettura dei Cir parlando a tutto campo con gli operatori - conferma Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture ed esperto economico della Lega con i colleghi al Mef Massimo Garavaglia e Massimo Bitonci - con l’obiettivo prioritario della salvaguardia del Paese e di tutte le sue infrastrutture. Investire nei Cir significa scommettere sull’Italia, e l’investimento avrà una tracciabilità piena perché chi mette i soldi saprà a quale opera vanno». I nuovi limiti costruiti per fissare i confini dei Cir dovrebbero accompagnarne solo la prima fase, sotto forma di una sperimentazione. «È l’inizio di un processo - sostiene Siri - Dopo il debutto si potrà rafforzare questo meccanismo per dimostrare che l’Italia è un Paese che può disporre delle proprie risorse autonomamente»

L’obiettivo è duplice: far scommettere i piccoli risparmiatori italiani sui nostri titoli di Stato, nonostante gli scossoni di questi giorni, e indirizzare questi fondi verso opere pubbliche. Il tutto per dare una spinta aggiuntiva rispetto al “piano straordinario” degli investimenti pubblici che dovrebbe sostenere la crescita su cui prova a scommettere il quadro di finanza pubblica al centro del temporale Ue.

Di qui l’etichetta del nuovo strumento come “Pir infrastrutture”, versione dei piani individuali di risparmio rivista e tagliata su misura dei piccolissimi investitori. A ogni emissione di titoli di Stato, secondo la bozza, le banche potranno acquistarne una quota da destinare ai Cir, che saranno proposti ai risparmiatori. Ognuno ne potrà sottoscrivere una quota da 3mila euro, ottenendo lo sconto fiscale e l’esenzione Irpef in cambio dell’impegno a mantenere l’investimento fino a scadenza del titolo. Un programma del governo indicherà per ogni emissione le opere specifiche (scuole, strade, ferrovie, ponti eccetera) che saranno finanziate così: e nelle intenzioni un monitoraggio periodico informerà gli investitori sull’avanzamento dei lavori.

Lo sfondo resta insomma quello dei Pir, animato da sconti fiscali per convogliare risparmio privato verso obiettivi predefiniti. Ma rispetto a questi “cugini” cambierebbe il sottostante dell’investimento, e con lui l’idea di fondo: rendere i nostri bond governativi sempre più italiani anche dal punto di vista dei titolari.

Il primo motore per avviare la macchina dei Cir è il premio fiscale. Oltre all’esenzione totale su rendimenti ed eventuali plusvalenze, l’ingresso sarà accompagnato da una deduzione che di fatto toglierà 690 euro (il 23% di 3mila) dall’imponibile, con uno sconto effettivo che quindi andrà da 158 a 296 euro a seconda del reddito complessivo. Il Cir dovrebbe essere poi escluso dalle imposte di donazione e successione a patto di vincolare le somme per almeno 18 mesi, e sarà fuori dal raggio d’azione di pignoramenti e sequestri.

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