In principio era l’inflazione a due cifre, poi i sequestri di persona, poi il terrorismo, poi il fisco tiranno. Oggi le ragioni per portare i soldi all’estero sono tre: i timori legati a un aumento dello spread, un’eventuale patrimoniale e il rischio (estremo) di ridenominazione dell’euro.
Se i detentori di grandi patrimoni da tempo si sono organizzati con proprie strutture di family office (l’80% dei patrimoni scudati negli anni scorsi è rimasto oltre confine), quelli oggi più interessati ad aprire un conto corrente all’estero, soprattutto in Svizzera, sono coloro che vogliono spostare dai 100 ai 200 mila euro. Ma siamo certi che ne valga davvero la pena?
Conti bancari in Svizzera
Sotto il profilo fiscale si può dire che la convenienza sia nulla. Lo scambio automatico delle informazioni tra Italia e la
Confederazione (ma anche con altri 98 Paesi) è operativo dal 1 ottobre. Sotto il profilo dei costi questi sono in linea con
il costo della vita svizzero che è molto alto. Con alcune eccezioni come le Poste elvetiche e Banca Migros che funzionano
anche on line e che sono particolarmente adatte a un popolo di piccoli e medi risparmiatori. In una recente rilevazione del
quotidiano di Zurigo Neue Zürcher Zeitung: è emerso che le negoziazioni di Borsa online con la Banca Migros costano fino
a cinque volte di meno rispetto agli altri offerenti. Un potenziale di risparmio superiore ai mille franchi.
Conti in banche Ue
Chi vuole mettere al sicuro i propri soldi in una banca estera tradizionale (per esempio in Germania) lo può fare con un conto
corrente che gli consenta di fare tutti i tipi di operazioni. Deve risiedere legalmente in un paese dell’Ue e ha il diritto
di aprire un “conto di pagamento base”. Di solito il conto consente di effettuare operazioni standard: depositi, ritirare
contante, ricevere o eseguire pagamenti (ad esempio addebiti diretti o acquisti mediante carta). Dovrebbe anche prevedere
una carta di pagamento utilizzabile per ritirare contante ed effettuare acquisti, sia online sia in negozio.
Conti online
Servono meno di 8 minuti per aprire un conto on line, ad esempio con la tedesca N26 Bank, la banca fintech (vi si accede
scaricando l’App da Apple Store o Google), arrivata in Italia un anno fa. Oggi ha 1,5 milioni di clienti, di cui 500 mila
solo da luglio a inizio ottobre. Considerando che il peso dell’Italia è un buon 15% ben 75mila italiani hanno optato per questa
soluzione da luglio a oggi.
Attenzione al Franco svizzero
Ogni investimento denominato in Franchi svizzeri non può definirsi sterilizzato al 100% da un eventuale rischio di ridenominazione
dell’euro. La ragione? Nel caso di un rivolgimento di quella portata la domanda di valuta di quella nazione crescerebbe in
modo significativo. Una sovravvalutazione del Franco graverebbe sulle esportazioni locali e renderebbe così possibile una
svalutazione di quella valuta, circostanza peraltro che si è già verificata il 15 gennaio 2015.
Strumenti finanziari all’estero
Chi pensa di vendere attivi italiani per acquistare titoli esteri, come azioni e obbligazioni, sicav lussemburghesi e irlandesi,
diversifica in valuta con franchi svizzeri e dollari Usa. Andare a investire all’estero, oltre al rischio di cambio, può comportare
un aggravio iniziale. Per esempio, una tassazione doppia sulle rendite finanziarie (parte del Fisco italiano e parte del Paese
estero), che viene recuperata solo per la parte eccedente l’aliquota convenzionale che va dal 10% al 15%, ma con complicate
procedure (solo meno gravose se ad occuparsene è un un fiduciario). In alcuni Paesi le aliquote su interessi e dividendi applicate
alla fonte sono elevate: in Portogallo e in Svizzera, due luoghi appetibili per gli italiani, sono pari al 35%; ma anche in
Francia, in Svezia o in Finlandia arrivano al 30%. Le nazioni meno esose sono la Cina e il Regno Unito (10%), entrambe molto
interessate ad attrarre capitali, seguite da Russia, Paesi Bassi e Lussemburgo, che applicano il 15%.
Trasferirsi all’estero
C’è chi lo ha già fatto. Molti pensionati si sono trasferiti in Portogallo dove vige una convenzione che esclude la tassazione
in Italia delle pensioni versate ai residenti. Non altrettanto sui patrimoni. «In Italia - spiega Marco Piazza, commercialista
e docente in Cattolica - abbiamo già una sorta di patrimoniale, è l’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero
(Ivafe) oltre all’imposta di bollo. Le due imposte sono calcolate in modo leggermente diverso ma l’aliquota applicabile è
sempre quella del 2 per mille. L’Ivafe per legge è applicata a carico dei soggetti residenti in Italia. Dunque non sarebbe
necessario ricorrere a una nuova patrimoniale sarebbe sufficiente aumentare l’aliquota di quelle già esistenti». In Svizzera
questo non accade. Ma il costo degli immobili e quello della vita rendono questa scelta impraticabile ai più.
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