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Tim, rete unica e cessioni: ecco il piano segreto

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Servizio |L’ipotesi di accordo con open fiber

Tim, rete unica e cessioni: ecco il piano segreto

(Bloomberg)
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Più che voci da Roma arrivano boatos. L’ipotesi di accordo commerciale tra Telecom Italia e Open Fiber, per utilizzare le infrastrutture di quest’ultima nelle aree a fallimento di mercato, non è fatto: era ancora oggetto di negoziazione su un tavolo che doveva restare riservato. Quello che è uscito è però solo la punta dell’iceberg di un riassetto complessivo che, secondo fonti informate, si starebbe discutendo su un altro piano al di sopra di tutti, intorno a un asse che si sarebbe venuto a creare tra Vivendi e ambienti “tecnici” dell’area M5S. Secondo lo schema, Cdp dovrebbe vendere il suo 5% in Telecom a un terzo soggetto non ostile a Vivendi.

Contemporaneamente, secondo un altro tassello veicolato dai rumor, Cdp parteciperebbe alla costituzione di una newco destinata a ospitare le reti di Telecom e Open Fiber con l’ingresso nel capitale di fondi infrastrutturali come F2i e l’uscita di Enel, che oggi è in joint paritetica con Cdp in Open Fiber. Sparkle, già avviata sulla strada della dismissione (advisor per Telecom Rothschild Spa), sarebbe ceduta a Cdp e/o F2i, considerato che sulla società dei cavi internazionali insiste il golden power.

Per capire cosa succederebbe a Telecom bisogna però fare un passo indietro, a un documento “clandestino” che circola internamente a Telecom, del quale non si conosce la provenienza. Anche perchè chi ha potuto visionarlo (più di un testimone) riferisce che è su carta non intestata, ma conteniene qualche sbavatura tecnica che fa pensare che chi l’ha scritto non sia un operativo del settore: si parla ancora di triple play, ormai superato dalla formula del quadruple play, fornitura congiunta di connessione Internet, tv, telefono fisso e mobile. In questo documento, in circolazione già da un paio di settimane, si prefigura la fusione tra la rete Telecom e Open Fiber in una società da quotare in Borsa con golden power e tetto al possesso, la cessione di Inwit (la società delle torri mobili oggi controllata al 60% da Telecom), la cessione di Sparkle e la “valorizzazione” di Tim Brasil con la cessione parziale o totale della quota di Telecom, che oggi ne detiene più del 67% del capitale.

La società Telecom dei servizi, separata dalla rete - nello scenario del documento - dovrebbe fare alleanze o fusioni con produttori di contenuti: non ci sono nomi, ma le suggestioni portano a Mediaset, dove Vivendi è presente con il 28,8%, “parcheggiato” per la quota eccedente il 10% in Simon Fiduciaria (gruppo Ersel), in attesa dell’esito dell’azione legale per chiedere l’annullamento della delibera Agcom che ha imposto ai francesi la scelta tra mantenere una quota superiore al 10% in Telecom o in Mediaset. Non è chiaro se Telecom, in questo contesto, riuscirebbe a mantenere il controllo della rete, che è la parte centrale del suo core business. Ma la preoccupazione che trapela da ambienti romani informati è che dietro questa ipotesi di riassetto, si allunghi, in un secondo tempo, l’ombra di Orange, l’ex monopolista francese che ha lo Stato come azionista di riferimento. Certo sarebbe paradossale se l’incumbent delle tlc privatizzato finisse sotto l’egida di un altro Stato o che, privato della rete, fosse smembrato senza più possibilità per l’Italia di giocare un ruolo nel settore. cosa che non è successa in nessuno degli altri principali Paesi continentali.

Scenari da fantafinanza? Può darsi, ma l’impressione è che qualcosa stia bollendo in pentola e sia anche in stato avanzato di cottura. Per ora stiamo alla punta dell’iceberg. Enel è favorevole ad accordi commerciali tra Telecom e Open Fiber, ma per il resto la posizione non è cambiata: come ha ribadito più volte l’ad Francesco Starace “no ad accrocchi societari”. Mentre il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, parlando in generale a margine di un evento Huawei, ha osservato che l’evoluzione del settore «potrebbe portare a una rimonopolizzazione delle reti di distribuzione attraverso la fusione tra i vecchi incumbent e le nuove reti in fibra». Una soluzione che «potrebbe ridurre il rischio di avere una duplicazione di investimenti in molte aree e nessun investimento» in altre. Ci sarebbe infatti «un singolo operatore che serve tutti i retailer» e che avrebbe «tutti gli incentivi necessari a estendere la copertura e a garantire i prezzi di accesso», «favorendo la concorrenza».

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