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Telecom, nel piano-ombra lo smantellamento del gruppo

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RIASSETTI

Telecom, nel piano-ombra lo smantellamento del gruppo

Il documento è di una sola pagina. Ma basta l’incipit per allarmare sii destini dell’azienda Telecom. «Gli eventi degli ultimi anni hanno di fatto minato, probabilmente irrimediabilmente, la capacità del Gruppo Tim di competere sul mercato come una unica impresa. Al fine di estrarre il massimo valore possibile e cercando di mettere in sicurezza alcuni asset strategici per il Sistema Paese, la soluzione potrebbe essere quella di fare un break-up del gruppo», si legge nel documento di cui è venuto in possesso Il Sole 24Ore, in piccola parte anticipato ieri. Un documento “anonimo” che ricorda nella formula quello che era stato recapitato all’allora presidente Telecom, Marco Tronchetti Provera, con un biglietto di accompagnamento di Angelo Rovati, consigliere dell’allora premier Romano Prodi. La differenza è che il cosiddetto piano Rovati - che in realtà era stato preparato da uomini Rothschild, anche se non era intestato - consisteva in 28 pagine zeppe di grafici e dati a corredo del suggerimento di scorporare la rete Telecom.

Questa volta invece si tratta di un elenco di punti programmatici che, a dodici anni di distanza, partono sempre dalla separazione della rete ma si spingono ben oltre il moderato spezzatino che era stato suggerito da Elliott nella sua campagna attivista. Alcune fonti, consultate da Il Sole, ne attribuiscono la paternità a un alto dirigente interno. Ricostruzione che però la società respinge seccamente. «Il documento è del tutto estraneo a Tim e le ipotesi formulate non trovano alcun riscontro nel Piano Strategico della società», così la replica della società. Il piano dello spezzatino integrale sarebbe arrivato in Telecom da ambienti del Movimento 5 Stelle a fine settembre e Telecom avrebbe chiesto se la proposta fosse la posizione ufficiale del Governo, ottenendone risposta negativa.

Ecco cosa dice. Al primo punto, «scorporo o scissione della rete e fusione con Open Fiber». La tesi, che può essere condivisibile, è che «la creazione di due reti in fibra è un inutile spreco di risorse per il sistema paese». Poi però si aggiunge che la società della rete «potrebbe essere configurata come una public company quotata ma con Golden power e soglia al diritto di voto in modo da non renderla scalabile». Ergo, se ne deduce che Telecom perderebbe il controllo del suo asset core. Gli esuberi che ne deriverebbero - che i sindacati stimano in almeno 20mila unità - sarebbero mitigati secondo questo documento dal trasferimento alla newco di parte del debito e del personale del gruppo, «riducendo il rischio sociale di un elevato numero di licenziamenti».

Ma non finisce qui. L’elenco delle dismissioni prosegue con Inwit, da vendere «per la riduzione del debito». Per Sparkle si parla invece solo della «valutazione della possibile vendita a Cdp per la messa in sicurezza degli asset di comunicazione verso il Medio Oriente e per la riduzione del debito». Per Tim Brasil si prospettano due opzioni: o la «vendita totale dell’asset per ridurre il debito», oppure la «vendita di parte della partecipazione, mantenendo il controllo», «usando Tim Brasil come testa di ponte per l’internazionalizzazione di altre aziende italiane».

Quel che resterebbe finirebbe in una «società retail fisso-mobile che potrebbe fondersi con possibili Partners (nazionali e/o internazionali) per la fornitura di servizi triple play (ormai sorpassati dal quadruple play, ndr) in competizione con Netflix, Sky, eccetera». E verrebbe creato un «campione nazionale per la gestione dei servizi ICT per la PA e le grandi imprese» che dovrebbe occuparsi dello «sviluppo di Data center sul territorio nazionale per la fornitura di servizi Cloud». Fine ingloriosa di un gruppo che una volta era un’eccellenza nelle tlc a livello internazionale. Amen.

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