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Fondi, la grande fuga dal rischio spinge cash e oro

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corsa alla liquidità

Fondi, la grande fuga dal rischio spinge cash e oro

Fuga dal rischio e corsa alla liquidità. Con rare eccezioni questo è il copione andato in scena negli ultimi mesi e i saldi finali dell’industria dei fondi fotografano, al pari dell’andamento degli indici, il grande gelo. In particolare quelli relativi al quarto trimestre dell’anno che si è chiuso con pesanti riscatti sulle principali classi di investimento rischiose (azioni bond ad alto rendimento soprattutto) a cui ha fatto fronte l’exploit dei beni rifugio: la liquidità (i fondi monetari hanno registrato 197 miliardi di dollari di flussi netti solo nel quarto trimestre); l’oro (4,8 miliardi i flussi netti dei fondi che investono sul metallo giallo) e i fondi giapponesi denominati in yen (valuta rifugio per eccellenza).

È soprattutto sull’azionario che si sono registrati i deflussi più vistosi: i fondi equity che investono nelle Borse delle economie sviluppate - segnala Epfr Global nel suo ultimo bollettino - hanno archiviato il trimestre con un rosso di 98,2 miliardi di dollari. A soffrire sono stati in particolare i fondi azionari Usa (60 miliardi di dollari di deflussi netti) e quelli europei (36,1 miliardi). Se si guardano poi i numeri su tutto il 2018 è netta l’inversione di tendenza rispetto all’anno precedente. I fondi equity continentali archiviano l’anno con riscatti netti netti per 88,8 miliardi contro un saldo positivo di 33 del 2017. Numeri che fanno del 2018 il secondo peggior anno di sempre. Spicca, in particolare, il rosso record (14, miliardi) registrato dai fondi azionari che investono nel Regno Unito per i timori sulla Brexit. A livello settoriale chi ha fatto registrare i deflussi maggiori nel quarto trimestre è stato soprattutto la finanza (17,1 miliardi di rosso nel quarto trimestre) e un comparto che in passato è sempre stato immune dalle oscillazioni del mercato: la tecnologia. I fondi equity che investono nel settore hanno chiuso il quarto trimestre con 10,5 miliardi di saldo negativo. Numeri in linea con i forti ribassi registrati dai big del settore negli ultimi mesi. Tra le

economie sviluppate l’unico mercato a reggere il colpo è stato il Giappone che ha chiuso il 2018 con saldi netti positivi per 66,1 miliardi (25,9 nel quarto trimestre dell’anno). Un primato che gli analisti di Epfr mettono in relazione alla politica di stimolo monetario ancora in vigore in Giappone oltre che all’exploit dei fondi denominati in yen gettonati per via dello status di valuta rifugio.

Quando gli investitori manifestano timori sulla crescita in genere vendono azioni e comprano bond. Ma quest’anno è andata diversamente e i fondi obbligazionari, solo nel quarto trimestre, hanno registrato riscatti record per 149.8 miliardi di dollari. Per diverse categorie di fondi che investono nel mercato del reddito fisso il 2018 si è chiuso con i numeri peggiori di sempre. I fondi che investono in titoli ad alto rischio (high yield), che già nel 2017 avevano sofferto (33,8 miliardi di deflussi), hanno archiviato il 2018 con un saldo negativo record di 101,6 miliardi di dollari. Mai così male (48,6 miliardi di riscatti netti) è andata anche ai fondi che hanno in portafoglio

corporate bond ad alto rating (investment grade). Stesso discorso vale per i fondi bilanciati (76,7 miliardi) o per i fondi bond emergenti in valuta locale (26,2 miliardi di rosso) che hanno pagato le crisi valutarie (Turchia e Argentina) e il superdollaro. La prospettiva di un rialzo dei tassi così come una guerra commerciale non favorisce certo le economie emergenti ma, a differenza, dei bond, i fondi equity che puntano su questi mercati hanno retto bene chiudendo l’anno con un saldo positivo di 23,8 miliardi di dollari. È anche vero che questa performance è soprattutto frutto dell’exploit dei fondi azionari cinesi (34,9 miliardi di dollari di saldo netto positivo). Una dato anomalo (la Borsa cinese ha perso il 25% in un anno) che, secondo Epfr, è correlato alle politiche di contrasto allo shadow banking e al controllo dei capitali che ha lasciato gli investitori domestici a corto di alternative.

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