Dopo la Lai fondata nel 1946 sotto l’Iri, la Cai del 2008 dei Capitani coraggiosi lanciati da Silvio Berlusconi, la Sai decollata nel 2015 con gli arabi di Etihad e sotto l’occhio benevolo di Matteo Renzi e Luca Cordero di Montezemolo, la vecchia Alitalia non ci abbandona. Malgrado i bilanci disastrosi, sta per rinascere per la quarta volta. Del passato però rimarranno almeno due cose. Il marchio, che conserva una discreta capacità di attrazione all’estero (è stato valutato 145,5 milioni di euro nell'ultimo bilancio pubblicato, il 2015) e la presenza dello Stato.
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Lo Stato è uscito nel 2008...
Lo Stato è uscito dal capitale nel 2008, quando Berlusconi, d'accordo con i sindacati confederali, fece in modo che venisse
rigettata l’offerta di Air France-Klm con cui avevano trattato il governo Prodi e Maurizio Prato. Ma lo Stato non ha mai smesso
di pagare per far volare Alitalia. Il prestito ponte di 900 milioni concesso dal governo di Paolo Gentiloni è solo l’ultima
di una serie di iniezioni di denaro pubblico. «Non vogliamo mettere altri soldi dei contribuenti», diceva il leader dei Cinque
stelle nel governo, Luigi Di Maio, il 7 agosto dell’anno scorso.
...e ritorna nel 2019
Ma le cose vanno in una direzione diversa da quella indicata dal vicepremier e ministro dello Sviluppo economico. Perché il
salvataggio di Alitalia, secondo l’operazione allo studio, verrebbe fatto da una società, la “newco”, la cui maggioranza del
capitale sarebbe posseduta da soci pubblici. I partner industriali con cui c’è una trattativa, Delta e easyJet, non avrebbero
più del 30-40 per cento.Tra i soci pubblici, la quota maggiore sarebbe detenuta dalle Ferrovie dello Stato (non si conoscono
casi al mondo di ferrovie azioniste di un’aviolinea). Se il piano industriale sarà efficace (e sarebbe la prima volta per
Alitalia, dunque qualche dubbio è legittimo) le Fs non subirebbero perdite. L’ad delle Fs, Gianfranco Battisti, si è impegnato
per evitare contraccolpi da Alitalia sul bilancio e sugli investimenti delle Ferrovie. Tuttavia nella “nuova Alitalia” è previsto
che entri come azionista anche lo Stato.
Conversione del prestito in azioni
Il governo ha ufficializzato la disponibilità a far partecipare il ministero dell’Economia. Con quali soldi? Il Mef dovrebbe
convertire in azioni una parte del prestito ponte di 900 milioni che è stato concesso dal governo Gentiloni. Dunque, sarà
impiegato denaro che proviene dai contribuenti. L’importo non è ancora definito, però si ragiona su una partecipazione del
Mef del 15-20 per cento. Poiché la società dovrebbe avere almeno un miliardo di dotazione di capitale, vorrebbe dire un impegno
per il Mef di almeno 150-200 milioni. Se invece il capitale fosse di due miliardi, come è stato ipotizzato in alcune dichiarazioni
da Di Maio, l’impegno per il Mef raddoppierebbe a 350-400 milioni.
Con gli interessi Alitalia deve restituire oltre un miliardo
Del resto Alitalia, che ha conti in rosso e brucia cassa, non è in grado di rimborsare il prestito statale. Dunque la conversione
del prestito in azioni sarebbe quasi un modo di prendere atto che i soldi prestati dallo Stato non possono tornare indietro,
almeno non tutti. Per questo in dicembre il governo gialloverde ha nuovamente prorogato, fino al 30 giugno 2019, la scadenza
per il rimborso del prestito statale che doveva essere restituito entro fine 2018. Intanto con gli interessi, calcolati al
tasso del 10% circa all’anno, la somma che Alitalia deve restituire è lievitata a poco più di un miliardo.
Un costo di 145 euro per ogni italiano
Quanti soldi ha messo finora lo Stato dentro Alitalia? Punto di partenza per questo calcolo è uno studio dell’Area studi di
Mediobanca. Quello studio, anticipato dal Sole 24 Ore il 23 maggio 2015, aveva calcolato in 7,4 miliardi i costi diretti,
per lo Stato e la collettività, originati dalla gestione Alitalia in quarant’anni, dal 1974 al 2014. Una somma calcolata in
valori monetari aggiornati al 2014, quindi rivalutando i versamenti degli anni precedenti. Quel costo teneva conto di interventi
nel capitale e altri finanziamenti pubblici, depurati dagli incassi ottenuti dall'Iri e dallo Stato (dividendi, imposte, vendita
di azioni): questo dava un saldo negativo di 3.322 milioni nel periodo 1974-2007. Poi c’erano i costi conseguenti all’operazione
fatta da Berlusconi nel 2008 con il commissariamento di Alitalia: tra prestito ponte (300 milioni dell'epoca) mai restituito,
rimborsi di bond, cigs e integrazione al reddito per i dipendenti per 7 anni con l’80% dello stipendio effettivo, stima del
passivo patrimoniale dell’amministrazione straordinaria, intervento di Poste per 75 milioni a fine 2013, Mediobanca ha calcolato
un onere ulteriore di 4.100 milioni. Il totale era di 7 miliardi e 422 milioni. Se rivalutiamo quella cifra a oggi è salita
a 7 miliardi e 620 milioni. Dovremmo aggiungere l’ulteriore versamento di 75 milioni di Poste Italiane a fine 2014 (per l’operazione
Etihad) e i 900 milioni “prestati” dal governo Gentiloni. Arriviamo così a un costo totale di 8 miliardi e 595 milioni a ottobre
2018. Aggiungiamo ancora i 100 milioni di interessi finora maturati sul prestito che non sono stati rimborsati e si sale a
8 miliardi e 700 milioni (equivalente a 145 euro per ogni italiano, compresi i neonati).
Le ricapitalizzazioni
Se calcoliamo solo le ricapitalizzazioni e i finanziamenti non rimborsati fatti da Iri e Mef, dal 1974 a oggi lo Stato ha iniettato in Alitalia 6 miliardi e 517 milioni. L’elenco è nella tabella sopra questo paragrafo. Scomponendoli secondo i governi sotto i quali sono avvenuti si ottiene la seguente classifica. Abbiamo diviso a metà tra Prodi e Berlusconi l'onere del prestito di 300 milioni (pari a 332 milioni del 2014) fatto nell’aprile 2008, deliberato dal governo Prodi ma d'intesa con Berlusconi e Giulio Tremonti, che stavano per subentrare al governo. Con questo criterio il governo che ha versato più soldi ad Alitalia è Berlusconi, in totale un miliardo e 908 milioni. Prodi è il secondo, un miliardo e 674 milioni. Terzo Gentiloni con 900 milioni. Al quarto posto i governi di Giulio Andreotti (873 milioni), quinto Bettino Craxi (284 milioni), poi Aldo Moro, con un intervento di soli 46,6 miliardi di lire fatto dall'Iri nel 1975. Una somma che rivalutata vale 247 milioni di euro. Undici governi hanno iniettato soldi in Alitalia. All’ultimo posto Enrico Letta e Renzi, 75 milioni ciascuno.
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