Progetto Italia è un’urgenza per il paese e per il settore delle costruzioni. Pietro Salini, azionista e ceo di Salini Impregilo, in questo colloquio con Il Sole 24 Ore, chiama a raccolta tutti gli stakeholders e invita ciascuno a fare la propria parte per realizzare in «tempi rapidi» un colosso delle costruzioni da «12 miliardi di fatturato», capace di competere sulla scena internazionale e con le spalle abbastanza larghe da essere «investment grade».
Dottor Salini, a che punto siamo con Progetto Italia?
Siamo a buon punto, è un progetto che riguarda un segmento che soffre da tempo e che non può più attendere. Si può realizzare solo se si riesce ad essere sufficientemente tempestivi. Sta a noi, evidentemente, trovare il modo per ridurre i tempi tecnici per intervenire su Astaldi e sulle altre realtà in crisi. Sul tavolo ci sono numeri importantissimi a livello occupazionale, senza contare che le poche infrastrutture cruciali che sono in fase di realizzazione rischiano di non essere completate per il contesto difficile. Creare un polo di questo tipo, unico per dimensione, significa salvare l’intera filiera e promuovere grandi investimenti. Ma va fatto con tempi tali da poter consentire al segmento di riprendersi.
Il presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, in quanto azionista chiave di Cdp, ha detto ieri che la Cassa deve intervenire su Progetto Italia. Siamo davanti a una possibile accelerazione?
Posso dire che il consenso attorno al piano si sta formando, d’altra parte è un’operazione che ha senso industriale ed è di vitale interesse per il paese. L’Italia, per lungo tempo, ha avuto paura del modello della grande industria. Ma non possiamo limitarci ad essere degli artigiani, servono dei soggetti industriali forti che facciano da apripista quando serve.
Come immagina si debba realizzare questo progetto? Che aziende vanno coinvolte, debbono farne parte anche realtà sane?
Io ho le idee molto chiare su come vada realizzato. Abbiamo fatto adesso un’offerta su Astaldi, che è il secondo operatore del paese e questo già significa mettere in sicurezza un gran bel pezzo dell’industria. Abbiamo già preso Cossi, stiamo cercando di rilevare Seli Overseas e Grandi Lavori, entrambe di Grandi Lavori Fincosit. Come impresa ci stiamo dando da fare per cogliere questa opportunità e salvaguardare delle competenze uniche.
Astaldi è il primo tassello, ma per salvare l’azienda e realizzare Progetto Italia le risorse e le forze che avete messo in campo sono sufficienti?
Astaldi è un boccone troppo grosso per noi da soli. Per mantenere Salini Impregilo solido serve uno sforzo importante. Come famiglia azionista abbiamo dato la nostra disponibilità a diluirci (oggi sono al 74,5%, ndr). La nostra è un’offerta molto seria, bisogna però convincere tutti gli stakeholders a fare la propria parte. Tutto il sistema finanziario deve intervenire, serve condivisione.
Le sembra che Progetto Italia sia un piano realmente condiviso?
Penso proprio di sì, stiamo lavorando sulla parte pratica del progetto. Dobbiamo trovare quella concretezza indispensabile per rendere fattibili tutte le idee che abbiamo in mente. Come ho già detto siamo pronti a diluirci pur di creare le condizioni perché l’Italia abbia un’impresa che possa competere sulla scena internazionale.
Ma che dimensioni deve avere secondo lei il campione nazionale delle costruzioni?
Noi, come Salini Impregilo, facciamo 6 miliardi di fatturato; servirebbe un giro d’affari di almeno 12 miliardi. È evidente che una simile realtà non si costruisce in un minuto ma nell’arco di un piano industriale mettendo assieme soggetti in crisi e soggetti sani che condividano l’idea che la dimensione famigliare non rappresenta per forza un plus e che il polo è un’occasione vera per creare valore. Operazioni come quella realizzata oggi in Australia (si veda altro articolo in pagina, ndr), aiutano tra l’altro la crescita di questo nostro progetto.
“Una simile realtà non si costruisce in un minuto ma nell’arco di un piano industriale mettendo assieme soggetti in crisi e soggetti sani che condividano l’idea che la dimensione famigliare non rappresenta per forza un plus”
Pietro Salini
Ma che tempistiche immagina?
Entro il 15 maggio dobbiamo dare una risposta al Tribunale di Roma per Astaldi e contemporaneamente portiamo avanti il Progetto Italia. Dobbiamo chiudere questo aumento di capitale assieme agli altri stakeholders, le banche devono sedere al tavolo con noi per finanziare il piano perché puntiamo a creare un soggetto investment grade con una capacità di credito globale.
Che dotazione di capitale crede sia necessaria per creare una realtà davvero solida?
Stiamo definendo con tutti gli advisor le necessità finanziarie, di certo sono somme rilevanti che superano i 225 milioni fin qui preventivati per Astaldi.
Come interpreta le recenti novità sullo sblocca cantieri? Servirà al paese?
Lo interpreto molto positivamente. Creare un grande gruppo che poi non ha niente da fare non avrebbe senso. Dobbiamo avere delle infrastrutture da realizzare e le leggi che consentano di realizzarle. Dobbiamo metterci seduti tutti assieme perché ci giochiamo qualche cosa di importante: ciascuno deve fare la propria parte. Ci giochiamo il futuro dei nostri ragazzi, rischiamo di rubare il futuro dei giovani.
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