Cdp non vuole mettere il carro davanti ai buoi. Su Telecom - per la Cassa che è anche azionista di Open Fiber - la priorità non è l’ingresso nel cda dell’incumbent, bensì la realizzazione della rete unica, progetto a seguito del quale la ridefinizione della governance potrebbe anche diventare il riflesso automatico dell’evoluzione dell’azionariato. A quanto risulta, infatti, la via maestra in questo momento per arrivare all’obiettivo dell’unificazione delle infrastrutture di tlc non passa più dallo scorporo della rete.
Il presidente Agcom Angelo Marcello Cardani ha confermato ancora ieri che il progetto è ancora sul tavolo dell’Authority. Ma, sebbene Telecom non abbia formalizzato il ritiro del progetto che era stato presentato un anno fa dall’allora ad Amos Genish, in ambienti istituzionali si giudica una complicazione in più lo scorporo della rete dell’incumbent che, peraltro, riguarderebbe solo la parte finale, la cosiddetta rete d’accesso, ancora prevalentemente in rame.
Tra le varie ipotesi che sono state esaminate negli ultimi mesi c’è anche quella di allargare a Open Fiber l’alleanza stretta con Fastweb in Flash Fiber per la realizzazione in comune di tratti in fibra ottica. Però si tratterebbe della montagna che partorisce il topolino. Non si giustificherebbe l’impegno della Cdp, che è salita a sfiorare il 10% del capitale di Telecom, per ottenere un’operazione che si sarebbe potuta realizzare altrimenti, come ha fatto appunto l’operatore di Swisscom. Se invece si trattasse di un progetto di più ampio respiro, con Telecom che condividerebbe la fibra - i numeri dicono probabilmente in minoranza - con l’ex concorrente, mantenendo per sè l’infrastruttura in rame, allora bisognerebbe chiedersi se l’incumbent non sta compromettendo il suo futuro. E a chiederselo per prima sarebbe proprio la Cassa che, cifre alla mano, è più esposta economicamente su Telecom che su Open Fiber. Come se la Fiat, per fare un esempio, costruisse l’auto elettrica in minoranza con Toyota, tenendo per sé i motori tradizionali.
Se lo scorporo è troppo complicato e il modello Flash Fiber troppo limitato, resta perciò un altro scenario e cioè che si vada verso l’ipotesi di una fusione per incorporazione di Open Fiber in Telecom. Operazione che implicherebbe il riassetto dell’azionariato Telecom con il rafforzamento di Cdp che è azionista di entrambe le società. A quel punto potrebbe essere naturale rimodulare la composizione del consiglio perchè rispecchi i pesi nell’azionariato. Prima potrebbe essere d’imbarazzo per Cdp essere presente nel consiglio di entrambe (in Open Fiber indica il presidente), anche se fintanto che la quota è inferiore al 10%, formalmente, non si tratterebbe di parte correlata.
Le attese di rimpasto del board trapelate a margine dell’assemblea di Vivendi, che si è tenuta lunedì a Parigi, paiono dunque destinate a essere deluse, almeno nell’immediato. L’ultima ipotesi circolata riguardava quattro posizioni: nella fila dei francesi avrebbe fatto un passo indietro l’ex ad Amos Genish, mentre tre consiglieri di maggioranza in quota Elliott avrebbero dovuto accettare di dimettersi per far spazio ad altrettanti rappresentanti di Cdp. Per l’appunto, l’ipotesi al momento non è d’attualità.
Il prossimo 6 maggio si terrà un consiglio di amministrazione Telecom su temi di governance, dove si testerà la tenuta dell’attuale assetto. In consiglio si discuterà dei rapporti “familiari” di due consiglieri indipendenti Dante Roscini e Rocco Sabelli che hanno entrambi fratelli impiegati alla Telecom. Ma soprattutto si dovrà deliberare sulla qualifica da attribuire a Elliott dopo la segnalazione del collegio sindacale che risale al 25 febbraio scorso. Nella relazione predisposta per l’ultima assemblea, i sindaci indicavano di aver comunicato in quella data al presidente del cda Fulvio Conti e al presidente del comitato parti correlate Lucia Morselli di «ritenere che il socio Elliott eserciti un’influenza notevole sulla società», invitando il comitato parti correlate e il consiglio di amministrazione a «tenerne conto ai sensi dell’articolo 3 comma 1 del regolamento Consob recante disposizioni in materia di rapporti con le parti correlate». Secondo un’interpretazione “meccanicistica”, Elliott non raggiungendo il 10% del capitale Telecom non dovrebbe essere considerato parte correlata, ma la norma appunto va interpretata. Con ricadute da verificare sia sui requisiti di indipendenza dei consiglieri sia, potenzialmente, su alcune operazioni in corso.
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