NEW YORK - Ogni mese 2,7 miliardi di persone nel mondo utilizzano Facebook, WhatsApp, Instagram o Messenger. Presto tutte queste persone potrebbero avere a disposizione una criptovaluta. Un primo passo per consentire il commercio elettronico sulle piattaforme del colosso di Mark Zuckerberg. Il sistema di pagamento sarebbe basato su una moneta digitale simile al bitcoin, ma con la sostanziale differenza che avrebbe un valore stabile. Rispetto alle attuali criptovalute che invece sono suscettibili a fluttuazioni di valore molto significative. Il “bitcoin” di Facebook non imporrebbe commissioni per gli acquisti online e quindi potrebbe mettere in pericolo il bsuiness degli operatori delle carte di credito. Facebook ha già assunto una dozzina di persone tra operatori legati a siti di e-commerce o ai servizi finanziare per aiutare il lancio della sua criptovaluta.
La moneta digitale di Facebook è al centro di un piano di sviluppo iniziato più di un anno fa e denominato Progetto Libra: una criptovaluta potrà essere utilizzata per la prima volta in una piattaforma così popolare sia per acquistare prodotti sia su Facebook che nella rete, che come moneta di scambio tra gli utenti, secondo le indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal.
Facebook sta cercando di raccogliere attorno al progetto del suo bitcoin circa 1 miliardo di dollari. Ha già aperto delle negoziazioni con società di servizi finanziari e di pagamento come Visa e Mastercard, ma anche con società specializzate nei pagamenti elettronici come First Data. Inoltre il social network più diffuso al mondo sta trattando anche con le società di e-commerce, come Amazon per far sì che la sua moneta digitale una volta lanciata venga accettata dalle principali società di retail elettronico. La società per ora non conferma le rivelazioni del Wsj, e dice soltanto che sta esplorando diverse applicazioni per la tecnologia delle criptovalute.
Via i seminatori di odio
Facebook, intanto nella sua battaglia per riconquistare la verginità perduta alla scoperta della privacy, ha deciso di bannare i profili di personaggi incendiari che istigano con i loro post alla violenza e all'odio. Tra i personaggi
bloccati dal social network ci sono, ad esempio, il leader della Nazione dell'Islam Louis Farrakhan, noto per le sue invettive
antisemitiche, l'esponente di estrema destra Alex Jones che col suo InfoWars diffonde teorie cospirazioniste, il teorico di
estrema destra Milo Yannopoulos, vicino all'ex stratega di Donald Trump Steve Bannon, l'attivista ebrea e conservatrice Laura
Loomer e il suprematista bianco Paul Nehlen.
Facebook ha definito i contenuti epurati dalla sua piattaforma “pericolosi” e in violazione della policy del social network più diffuso al mondo, che ha oltre 1,4 miliardi di utenti attivi. Il suo fondatore Mark Zuckerberg ha dichiarato tolleranza zero contro ogni forma di manifestazione di odio. Verranno rimossi non solo gli account dei personaggi finiti nella black list ma anche le pagine dei fan e dei gruppi affiliati.
Facebook ha spiegato che le persone sono state bloccate sulla base di nuove regole che impediscono le attività di organizzazioni e individui accomunate dal fatto di inneggiare alla violenza su Facebook e Instagram. Personaggi che attraverso i loro post incendiari condizionano migliaia e migliaia di persone con contenuti “che promuovono teorie a base di odio, che deumanizzano intere comunità e attraggono audience radicalizzate che sostengono e promuovono odio e violenza”.
Gli sforzi di Facebook per rendere la “piattaforma sicura” e non un luogo che semina divisione ma che contribuisce a creare contatti tra le persone, fanno parte di una serie di sforzi che la società di Zuckerberg sta facendo in vista di un patteggiamento con le autorità regolatrici della Federal Trade Commission. Accordo in via di definizione, legato allo scandalo delle violazioni della privacy di 87 milioni di utenti da parte della società britannica Cambridge Analytica che ha lavorato durante la campagna elettorale di Trump nel 2016 e nel referendum sulla Brexit condizionandone i risultati attraverso l'utilizzo di fake news a insaputa degli utenti. L'accordo con i regolatori federali prevederà anche una maxi multa che potrebbe arrivare fino a 5 miliardi di dollari, come ha annunciato il colosso dei social network in occasione della presentazione dei conti trimestrali quando ha rivelato di aver accantonato 3 miliardi di dollari a tale scopo. Le nuove regole sulla privacy che Facebook sta adottando fanno parte delle richieste avanzate dalla Ftc, che oltre alle sue pratiche legate alla protezione dei dati personali sta spingendo anche per la riorganizzazione e il miglioramento della governance della società.
Un comitato di vigilanza sulla privacy
Secondo Politico.com Facebook potrebbe addirittura arrivare a rinunciare a parte della sua autonomia per sistemare le cose
con le autorità federali – la Ftc è la stessa authority che ha multato Volkswagen per il dieselgate. Il social network starebbe
negoziando un accordo che lo impegnerebbe a creare un Comitato di vigilanza indipendente sulla privacy e a nominare un responsabile
dei dati personali approvato da Washington. Stando all'intesa, il comitato si riunirebbe ogni tre mesi ed emanerebbe rapporti
periodici in tema di privacy. A farne parte potrebbero essere anche i membri del board di Facebook. Sempre secondo le fonti,
la Ftc avrebbe un potere di veto sulla scelta del manager responsabile della privacy. L'accordo è in via di definizione e
non sono chiari i poteri né del manager, né del comitato. Come parte dell'intesa, Mark Zuckerberg avrebbe la responsabilità
dell'attuazione delle politiche sulla privacy. In pratica sarebbe tenuto a rispondere personalmente di come Facebook gestisce
la questione dei dati personali.
Sulla privacy Facebook sembra pronta a cambiare pelle. In settimana durante la conferenza degli sviluppatori a San José Zuckerberg ha annunciato un processo di rinnovamento del suo ecosistema - Messenger, Instagram, WhatsApp - che ruota proprio attorno alla privacy. Zuck ha detto di volerne offrire una versione più intima, “privata” di Facebook, dove le persone possono intrattenersi in un scambi a due o in piccoli gruppi. Per evitare che la piattaforma elettronica creata per connettere le persone possa continuare ad alimentare le divisioni come è stato con lo scandalo Cambridge Analytica.
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