La rinnovata guerra commerciale tra Usa e Cina sta indirizzando il bilancio di maggio delle Borse in rosso. La capitalizzazione globale è scesa da 81mila miliardi a 78mila (quindi -3mila miliardi) e gli indici più rilevanti sono in calo di circa 5 punti percentuali. Quindi dopo quattro mesi spumeggianti per il mercato azionario il quinto dell’anno sta per ora dando ragione ai sostenitori dell’antico adagio “Sell in may and go away”. Probabilmente c’era voglia di portare a casa una parte dei profitti incamercati da inizio anno e i tweet ferro e fuoco di Trump contro la Cina (tramutatisi poi in fatti perché da venerdì 10 maggio i beni cinesi tassati al 25% all’approdo negli Usa sono saliti da 50 a 250 miliardi) hanno fornito la spinta decisiva.
È difficile quantificare i danni di una guerra dei dazi anche perché non èancora finita. La Cina ha annunciato che dal 1° giugno risponderà con il 25% su 60 miliardi di merci importate dagli Usa ma Trump può ancora giocarsi la carta di estendere i dazi sull’intera torta del disavanzo degli Usa sulla Cina che supera i 500 miliardi.
In ogni caso, quel che conta è che l’azionario mondiale si sta prendendo una pausa. Di riflessione e assestamento. Che potrebbe presto trasformarsi in correzione. A proposito di correzioni, bisogna poi disinguere quelle “salutari” (chiamate anche semplici “storni”) da quelle più profonde, tipiche di un mercato che entra in direzione ribassista (“bear market”).
A che punto siamo ora? «Poiché in questo momento non abbiamo un'economia che sembra avviata alla recessione né abbiamo motivi di pensare che ci sia un “bear marke”t alle porte, potrebbe trattarsi di una correzione del primo tipo», spiega Luca Tobagi, Cfa e Investment strategist di Invesco.
Come si comporta generalmente il mercato durante le “correzioni non Orso”? Se prendiamo come riferimento l'indice S&P 500, per il quale abbiamo oltre 90 anni di storia, notiamo che le correzioni di almeno il 5% che non sono state etichettabili come bear market sono state 36, hanno avuto una profondità media dal picco precedente del 9,28%, hanno richiesto in media 2,4 mesi per raggiungere il minimo e hanno richiesto in media 4,3 mesi per recuperare il livello di partenza.
«La caratteristica principale del rally dei primi mesi del 2019 è che pochi investitori hanno partecipato, forse ancora scottati dalle delusioni cocenti della parte finale del 2018 - continua Tobagi -. La liquidità è elevata in tutto il mondo, e in particolare in Italia. C'è chi ha scelto di non investire perché convinto che un futuro a tinte fosche attenda i mercati finanziari, chi ha approfittato della forza dei mercati di questi mesi per vendere (in effetti i flussi in uscita, ad esempio sul mercato azionario europeo, sono stati notevoli) e chi, invece, dichiara che sarebbe interessato a investire, ma aspetta una correzione che fornisca un'opportunità di entrare».
Quale scenario si profila quindi? «Credo che, nell'eventualità di una correzione, ci siano due possibilità di fronte a noi. La prima, più favorevole, è quella che chiamo “forza di gravità”. In assenza di forti compratori, la spinta propulsiva rialzista è destinata ad esaurirsi e le attività finanziarie potrebbero scendere anche senza ragioni particolari. Per l'azione della “forza di gravità”, appunto. In un contesto macroeconomico favorevole, tanto più con investitori che si sono dichiarati interessati a cogliere l'occasione di entrare nei mercati nella fase di debolezza, una correzione di questo tipo potrebbe proprio essere l'occasione attesa. L'ingresso di nuovi flussi in acquisto potrebbe essere un elemento che mitiga la violenza e la profondità della discesa».
A detta dell’esperto «la seconda possibilità è definibile “frenesia in acquisto”. La caratteristica di questo secondo scenario
è che gli investitori che non hanno ancora partecipato al rialzo non riescono più a sostenere la pressione di rimanere fuori
dal mercato, e cominciano a comprare. Nel caso attuale, l'eventuale pressione psicologica potrebbe essere anche resa più pesante
nel caso in cui l'investitore avesse venduto durante la discesa dei mercati del quarto trimestre 2018. Gli acquisti frenetici
spingono ulteriormente verso l'alto il mercato, in modo accelerato e tipicamente poco ordinato. Quando questa fase finisce
e sopraggiunge una correzione, quest'ultima tende ad essere più pronunciata che nel caso precedente, anche perché la reazione
psicologica degli investitori non è più, di solito, quella di approfittare della discesa per rientrare. Purtroppo, questo
è il caso che tende a verificarsi più frequentemente».
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