Non capita spesso che la bancarotta di una società porti al declino di un paese. È quanto potrebbe succedere all’Islanda e alla sua compagnia aerea low cost, la Wow, fallita nelle scorse settimane e che ora rischia di trascinare nel baratro anche il paese. Del resto, era stato proprio il turismo a rilanciare l’Islanda dopo la crisi finanziaria del 2008 con flussi che hanno toccato fino a 9,8 milioni di visitatori nel 2018 dai 2,5 milioni del 2012, numeri importanti per un paese che ha una popolazione di 350mila abitanti, pari a una media città italiana.
Lusingati dalle folgoranti immagini della natura selvaggia che ha fatto da sfondo al famoso serial televisivo Game of Thrones, il turismo oggi pesa l’8,5% del Pil del paese e occupa 30mila addetti, ma secondo le previsioni della società aeroportuale Isavia il flusso è destinato a diminuire già da quest’anno. Il tempo per Wow aveva giocato a suo favore. Fondata nel 2011 da un manager del settore tecnologico, Skuli Mogensen, il vettore aveva visto crescere velocemente i suoi passeggeri in una fase in cui il settore del trasporto aereo galoppava a due cifre, andando ad incrinare il monopolio detenuto dal vettore nazione Iceland Air.
Nella corsa delle low cost, la compagnia era emersa come uno dei nuovi protagonisti dei voli economici tra l’Europa e gli Stati Uniti via Reykjavick. Ma tutto questo non è bastato nel momento in cui il costo del carburante e le tariffe sempre più basse hanno cominciato a pesare sul bilancio. A nulla sono valsi i tentativi del suo fondatore di salvarla provando a cederla ad altri vettori come Iceland Air e la società di private equity Indigo Partners, la stessa che controlla un’altra low cost, la Wizz Air. Come tutti i fallimenti, migliaia di passeggeri sono rimasti a terra e spesso non potendosi riproteggere su altri vettori hanno dovuto riacquistare il biglietto. Su alcune rotte specifiche altre compagnie aeree come Iceland Air, EasyJet, Norwegian e Wizz si sono offerte di aiutare il vettore islandese.
Governo e Banca centrale si sono mostrati preoccupati per il fallimento del vettore soprattutto per l’impatto che esso avrà sull’economia e sull’occupazione. Lo stesso governatore della Banca Centrale, Mar Gudmundsson, ha ammesso che il fallimento di Wow rischia di causare uno “shock” se non entreranno altre compagnie a colmare il vuoto. Ma ha anche aggiunto che l’economia è forte abbastanza per resistere all’impatto. Dello stesso tenore il ministro delle Finanze, Bjarni Benediktsson: «Il nostro settore turistico ha opportunità non sfruttate per il futuro e siamo in grado di reagire alle difficoltà meglio che nel passato».
Il vettore islandese non è l’unico ad essere caduto in cattive acque negli ultimi mesi, basti pensare alle danese Primera Air, alla britannica Flybmi, all’indiana Jet Airways (nel 2018 ne sono fallite 14). Lo scenario dei prossimi mesi non tranquillizza gli operatori: l’ultimo financial monitor della Iata sottolinea come nel primo trimestre i profitti delle compagnie aeree siano in calo così come il fatturato per passeggero tornato ai livelli del 2010. I viaggiatori sono avvertiti.
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