I mercati adottano due pesi e due misure nei confronti di Italia e del resto d’Europa quando si tratta di reagire al voto per il rinnovo del Parlamento di Bruxelles. Niente di particolarmente sorprendente, in effetti, perché gli investitori stanno ormai procedendo su due binari distinti da un anno a questa parte e perchè gli stessi esiti del voto hanno implicazioni differenti per il nostro Paese e per i resto del Continente: in Europa i temuti «populisti» avanzano, ma non sfondano e restano ben lontani dal poter influenzare la politica continentale; in Italia il successo, pur atteso, della Lega potrebbe disegnare nuovi scenari che i grandi fondi internazionali vaglieranno con cura fin dalle prossime settimane.
Appare quindi del tutto coerente con una simile premessa la reazione di questa mattina sui diversi listini interessati: da una parte la stabilità sostanziale dell’euro attorno quota 1,12 e l’avvio favorevole delle principali Borse (in un giorno in cui Londra e Wall Street restano però chiuse); dall’altra le rinnovate pressioni sui BTp, unici titoli di Stato in vendita in avvio di questa giornata. Lo spread con il Bund risale a 270 punti base, anche se occorre considerare anche la brusca ritirata subita dal differenziale Italia-Germania nella giornata di venerdì.
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«È un Parlamento europeo più vario, ma ancora convenzionale», sottolinea Daniele Antonucci di Morgan Stanley, concentrandosi sul voto a livello globale e spiegando da una parte che «i due blocchi politici tradizionali hanno perso il sostegno e il parlamento sembra ora più frammentato», ma che dall’altro lato i movimenti più critici con l’Europa «avranno difficoltà a incidere direttamente sul percorso politico della Ue».
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Differenti invece le implicazioni interne a diversi dei Paesi interessati: non soltanto l’Italia, ma anche la Gran Bretagna coinvolta in pieno dal turbine Brexit, la Grecia, dove il primo ministro Tsipras ha appena indetto elezioni anticipate e il Belgio, dove appare difficile formare un governo federale.
“L’esito delle elezioni europee in Italia sarà probabilmente percepito negativamente nell’immediato dai mercati”
Fabio Fois, Barclays Research
L’Italia resta in ogni caso il sorvegliato speciale proprio per i possibili sviluppi del voto sul futuro della coalizione di Governo e naturalmente per il peso del nostro debito. «L’esito delle elezioni europee sarà probabilmente percepito negativamente nell’immediato dai mercati», avverte a proposito del nostro Paese Fabio Fois di Barclays Research, che però disegna uno scenario che in parte va controtendenza rispetto al sentore comune «Mentre un cambiamento dell’attuale leadership governativa in favore della Lega sarebbe visto come un passo nella giusta direzione - nota l’economista - riteniamo che la presenza di M5s, anche se da una posizione di debolezza elettorale, possa ancora agire come un freno al sentiment».
L’idea portata avanti da Fois è che il movimento guidato da Luigi Di Maio «possa ancora essere in grado di limitare lo spazio per politiche fiscali più favorevoli alla crescita proposte dalla Lega» e questo possa a sua volta «far riemergere le tensioni con le istituzioni europee con l’avvicinarsi della stagione di bilancio, soprattutto perché riteniamo che la Lega sia determinata a portare avanti un piano di espansione fiscale che includa l’introduzione di una flat tax».
«Effetto contagio» ridotto
A tranquillizzare però in linea generale i mercati contribuisce, come sottolinea Valentijn van Nieuwenhuijzen di Nn Investment
Partners, il fatto che «nell’ultimo anno il contagio delle vicende italiane nei confronti dei listini europei si è rivelato
molto modesto». Il gestore olandese sottolinea d’altra parte come gli stessi investitori abbiano in un certo senso fatto
l’abitudine al «caso Italia» e siano ormai preparati al «peggio». «Poco più di un anno - nota infatti - abbiamo già assistito
a elezioni il cui esito era in teoria il peggiore possibile per i mercati, con la vittoria di due diversi movimenti populisti
che successivamente hanno unito le forze, ma lo scenario di un allontanamento dall’euro non si è poi certo verificato, né
per questo motivo avvicinato».
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