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Sul petrolio Mosca e Riad ritrovano l’armonia: tagli Opec Plus ancora…

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Sul petrolio Mosca e Riad ritrovano l’armonia: tagli Opec Plus ancora necessari

A circa venti giorni dal vertice dell’Opec Plus, Russia e Arabia Saudita sembrano aver ritrovato l’armonia, concordando sulla necessità di continuare a tagliare la produzione di petrolio anche nella seconda metà dell’anno. Uno sviluppo che dovrebbe fornire sostegno alle quotazioni del barile, reduci da una settimana ad alta volatilità.

Brent e Wti sono precipitati in «bear market», accumulando un ribasso superiore al 20% rispetto al picco di aprile e toccando livelli di prezzo che non si vedevano da gennaio: 59,45 e 50,60 dollari rispettivamente nella seduta di mercoledì.

In seguito hanno recuperato terreno, grazie anche alle dichiarazioni dei ministri dell’Energia dei due colossi petroliferi, i più influenti nella coalizione tra Paesi Opec e non Opec. Il Brent ieri ha chiuso a 63,29 dollari e il Wti a 53,99 dollari al barile, entrambi in rialzo di quasi il 3%.

La probabile svolta nelle relazioni all’interno dell’Opec Plus è arrivata dopo un faccia a faccia tra Khalid Al Falih e il collega russo Alexander Novak a margine del Forum economico di San Pietroburgo. Il ministro saudita – già da tempo favorevole a ulteriori tagli produttivi dopo la scadenza dell’attuale accordo fine giugno – non ha lasciato adito a dubbi.

«Non penso che la quesione sia se estenderemo o no, per quanto riguarda l’Opec una proroga è già cosa fatta», ha dichiarato Al Falih, evidentemente non preoccupato dalle possibili resistenze dell’Iran. «La questione è calibrare con i Paesi non Opec, nel caso servisse un aggiustamento rispetto al primo semestre».

Ancora tagli dunque, anche se forse attenuati o quanto meno distribuiti diversamente rispetto a oggi. Non dovrebbero comunque essere superiori a quelli attuali, ha chiarito Al Falih: «Non penso sarà necessario tagliare di più, se c’è bisogno di tornare un po’ indietro dipende da cosa succede in Iran, Venezuela e altri Paesi». L’accordo che scadrà a fine mese prevede una riduzione dell’output di greggio di 1,2 milioni di barili al giorno a carico dell’Opec (che in realtà è andata ben oltre) e di altri 600mila circa a carico degli alleati esterni, guidati dalla Russia.

Fino a pochi giorni fa Mosca sembrava poco propensa a continuare i tagli. Ma ieri Novak, che ha rapporti estremamente cordiali con Al Falih, ha dato l’impressione di un riallineamento con Riad. «I fattori di incertezza sul mercato si sono rafforzati», ha detto il ministro. «Oggi i driver principali sono le sanzioni e le guerre dei dazi», fattori non controllabili che rischiano di ridurre a meno di 1 mbg l’incremento della domanda petrolifera. L’accordo dell’Opec Plus, ha concluso Novak, «è un grandissimo strumento per gestire questa incertezza».

A convincere i russi potrebbe aver contribuito anche il caso Druzhba: la chiusura per contaminazione del maxioleodotto ha spinto la produzione di Mosca al di sotto del tetto concordato con l’Opec Plus (10,87 mbg nei primi giorni di giugno, il minimo dal 2016).

Il gestore della pipeline, Transneft, ha detto che per il ripristino completo dei flussi ci vorranno 6-8 mesi ma Novak ha assicurato che non ci sarà bisogno di rivedere gli obiettivi di produzione per il 2019, perché il petrolio russo può essere esportato per altre vie: un ottimismo che molti analisti non condividono.

Gli sviluppi di ieri sono comunque significativi in vista del vertice Opec Plus. Solo giovedì Vladimir Putin aveva evidenziato una divergenza di vedute con l’Arabia Saudita: «Abbiamo alcune differenze di opinione su quale sia il giusto prezzo del petrolio – aveva detto il presidente russo – A noi 60-65 dollari va bene». Riad secondo il Fondo monetario internazionale ha invece bisogno di 85,40 dollari al barile per far quadrare il bilancio dello Stato, gli altri produttori Opec mediorientali necessitano in media di 82,40 $.

Al Falih – sempre attento a non definire obiettivi di prezzo – ieri si è invece sbilanciato, affermando che 60 dollari al barile sono troppo pochi per stimolare gli investimenti nell’industria petrolifera: un riferimento preciso, che sembra indicare il limite massimo di tolleranza dei sauditi, oltre il quale potrebbe esserci una reazione. Riad, ha ulteriormente chiarito il ministro, considererebbe «inaccettabile» il ripetersi di un crollo come quello del 2015, che portò il Brent sotto 30 dollari al barile.

«Ho fiducia che quando ci incontreremo, tra poche settimane, riusciremo a prendere la decisione giusta – ha proseguito Al Falih –. In seguito potremo sempre cambiare, se nella seconda metà dell’anno ci sarà bisogno di un aggiustamento (della produzione, Ndr) saremo sempre in grado di farlo».

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