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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2013 alle ore 09:30.

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«I dipendenti lo scorso anno sono raddoppiati e quasi certamente faremo altre assunzioni, incrociando le dita la crescita c'è». Fabio Maglioni usa toni sobri, inversamente proporzionali ai trend di crescita della sua azienda, Modomodo, nata nel 2009 e già vicina ai due milioni di ricavi, con target doppi per il 2013.

Il settore in cui opera, le applicazioni per consentire alle aziende di interagire con gli utenti attraverso smartphone, tablet e internet Tv, è ancora in crescita esplosiva, caso non isolato per fortuna nell'Ict italiano. Che ha in Lombardia una piccola Silicon Valley, forte di oltre 22mila aziende nelle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, capaci di dare lavoro a quasi 200mila addetti, in crescita del 4% lo scorso anno. Dati "macro" che tuttavia nascondono al proprio interno realtà molto diverse, dove per una volta sono i "big" a soffrire, mentre le Pmi mostrano maggiore vitalità.

Proprio tra i gruppi principali, in prevalenza multinazionali, si registrano numerose situazioni di sofferenza come Nokia-Siemens a Cassina de Pecchi o Alcatel Lucent a Vimercate, episodi che sommati alle difficoltà di altri gruppi italiani come Italtel e Bames mettono a rischio nell'area milanese, secondo uno studio Cisl, quasi duemila posti di lavoro. Nel complesso, tuttavia, il settore è finora riuscito ad arginare la crisi grazie alla vitalità delle Pmi, come ad esempio la bresciana Able Tech, attiva nella business information, capace di crescere del 17% lo scorso anno e di assumere tre nuove persone proprio in questi giorni. "Resistenza" dell'Ict lombardo confermata dal monitor distretti di Intesa Sanpaolo: l'universo di 978 aziende con oltre 750mila euro di ricavi censite a Milano ha sviluppato nel 2011 oltre 13 miliardi di ricavi, in linea con il 2008. «I dipendenti – spiega Massimo Dal Checco, presidente del gruppo Terziario Innovativo di Assolombarda – sono saliti a quasi 42mila pur in presenza di minori aziende, segno che chi resiste è anche in grado di crescere. Il mercato resta comunque difficile, da un lato per i tagli della Pa, dall'altro per la mancanza di progetti rilevanti di sviluppo per il Paese».

E in effetti, dal punto di vista infrastrutturale, non è che l'Italia faccia molto per rilanciare il settore, come conferma la mancanza di attuazione della tanto attesa Agenda digitale, con un grado di adozione della banda larga sceso al 25%, 16 punti in meno rispetto all'Europa. Se le condizioni di contesto non sono particolarmente favorevoli, il territorio lombardo può però contare su alcuni punti di forza rilevanti, in primis la presenza di università e centri di ricerca di eccellenza. In termini di spin-off, aziende nate dalle Università, la Lombardia è al secondo posto in Italia con 114 imprese, quasi la metà proprio nell'Ict. «Il rapporto tra Università e impresa qui funziona bene – spiega il prorettore alla ricerca dell'Università di Milano Bicocca Francesco Archetti – e questo per noi si concretizza in tre brevetti, sei spin-off ma soprattutto progetti ad hoc con le imprese, vere e proprie palestre di collaborazione». Esempi concreti sono una partnership con Alenia-Aermacchi per gestire ricambi e manutenzione utilizzando smartphone e banche dati di immagini oppure un progetto europeo con Siemens e Metropolitana Milanese per rendere "smart" la rete idrica della metropoli, o ancora accordi con alcune aziende informatiche per supportare il ministero della Giustizia nello sviluppo di nuovi sistemi di relazione con il cittadino. In grande fermento è tutta l'area delle applicazioni per dispositivi mobili, settore in cui opera Everyware Technologies, spin off 2011 della Statale di Milano. «Abbiamo già messo sul mercato sei applicazioni, tra cui alcune per disabili – spiega Andrea Gerino – per ora siamo cinque ma vorremmo provare a crescere».
Le piccole dimensioni, anche nell'Ict, sono in effetti uno dei nodi aperti da risolvere, soprattutto se l'obiettivo è lo sviluppo estero. Intesa Sanpaolo stima che nell'area milanese l'export Ict valga quattro miliardi, appena il 30% dei ricavi, con un calo deciso del 14,4% tra gennaio e settembre, soprattutto per la frenata di Francia, Germania e Regno Unito. «E tuttavia – aggiunge Dal Checco – è chiaro che tutti noi stiamo guardando oltreconfine. La mia azienda, la Sidi, 800 addetti e 26 milioni di ricavi, lavora per il 99% nel mercato italiano, dove però la recessione è evidente nelle scelte di investimento delle aziende, ecco perché abbiamo appena aperto una filiale a Londra».

Sidi ha da poco effettuato una piccola acquisizione, così come per linee esterne è cresciuta Xinesys, azienda senese che ha rilevato attività in Lombardia, casi per ora isolati di un settore in cui regnano le microaziende. Che tuttavia possono contare sull'altro punto di forza dell'area, la presenza di un tessuto di imprese manifatturiere ancora forte e ad alta vocazione internazionale. «L'Ict – spiega il direttore generale del Politecnico di Milano Graziano Dragoni – è diventato uno strumento di integrazione in altri settori, viene applicato a molte filiere produttive, dall'automotive ai beni strumentali, è ormai un tema pervasivo».
Concetti verificabili facilmente visitando le imprese; dal produttore di bilance che sviluppa nuove applicazioni per iPad al colosso della meccanica lecchese che pilota la maxi-pressa via pc, per finire con il costruttore di macchine utensili che gestisce un impianto inglese da una sala di controllo a due passi da Varese. E proprio la necessità di integrare diverse competenze ha spinto il colosso Stm, tra i leader mondiali nella microelettronica, ad attivare in passato una collaborazione con il dipartimento di meccanica del Politecnico di Milano. Partnership risultata determinante per sviluppare quei sensori di movimento che avrebbero cambiato il mondo degli smartphone, dando anche un contributo rilevante al successo mondiale dell'iPad. «Alla collaborazione con le Università teniamo molto – spiega l'ad di Stm srl Pietro Palella – anche perché è difficile ormai fare innovazione stando solo a casa propria». Stmicroelectronics in Lombardia ha due sedi e 4.500 addetti, per il 30% impegnati in attività di ricerca, e proprio l'integrazione con il territorio è uno dei punti di forza principali. «Ogni anno acquistiamo qui 240 milioni di prodotti e servizi – spiega Palella – coinvolgendo in regione 130 fornitori nell'Ict. Siamo cresciuti con il territorio, assumendo quasi mille persone in cinque anni, e per la presenza delle multinazionali è fondamentale che qui resti forte e viva la ricerca di alto livello».

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