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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2013 alle ore 06:44.

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L'artigianato biotech c'è ancora. Anche se l'inventore di quella formula, che provava a trovare all'Italia della piccola impresa una collocazione non provinciale, ma realistica nelle mappe internazionali del capitalismo e della ricerca, non c'è più. E benché tante cose, in questi anni, siano cambiate. Non necessariamente in meglio, in sintonia con il declino italiano.

Vieni al Bioindustry Park del Canavese a Colleretto Giacosa, a sei chilometri da Ivrea, e scopri un pezzo di Paese che, a differenza di tanti altri, riesce a mantenere una sua precisa fisionomia (e a non liquefarsi) nonostante la scomparsa del deus ex machina. Silvano Fumero, il fondatore, è morto cinque anni fa. Fumero, a lungo responsabile della ricerca di Serono, è stato uno dei protagonisti di Big Pharma. «Per amore del suo Canavese, che allora stava sperimentando la deindustrializzazione post-olivettiana – ricorda Roberto Ricci, direttore generale e suo più stretto collaboratore –, Fumero ebbe negli anni Novanta l'idea del bioparco». Qui c'erano i laboratori creati da Silvia Olivetti, sorella di Adriano, e da suo marito, il chimico alsaziano Antoine Marxer. «Una tradizione storica importante – nota Rita Bussi, manager di Merck Serono – che ha permesso al Bioparco di innestarsi su un tessuto imprenditoriale e scientifico già favorevole».

I fili delle vicende si riannodano. Fumero aveva un tavolo in noce appartenuto a Silvia Olivetti. L'amarcord è un sentimento nobile. Che, però, non deve offuscare il profilo del Bioparco, che ha i suoi punti di debolezza, ma anche i suoi punti di forza. La cosa sicura è, infatti, che il meccanismo concepito da Fumero non è saltato. In questi anni coincisi con la recessione internazionale e con lo smottamento italiano, è riuscito sviluppare con gradualità il suo particolare modello di business: il raccordo fra imprenditoria privata e ricerca pubblica da un lato e, dall'altro, l'appaiamento, se non l'integrazione, fra gli investimenti secchi delle grandi imprese (Bracco e Merck Serono, per esempio) e i febbricitanti tentativi (in buona parte andati a buon fine) delle start-up. Oggi, qui, ci sono 29 aziende: 15 non sono nate nel parco, ma vi si sono insediate; 14, invece, vi sono state fondate. Le prime contano su poco più di 200 addetti. Le start-up ne hanno un centinaio.
La struttura del Bioparco (gestione, amministrazione, servizi scientifici e di trasferimento tecnologico) è formata da 26 dipendenti. Il Bioparco ha fatturato nel 2012 poco più di 5 milioni di euro, con un risultato netto positivo di circa 300mila euro. Il suo capitale sociale è di 12,5 milioni di euro. Il totale degli investimenti è di 110 milioni di euro: 70 milioni di euro apportati dalle imprese private, 40 milioni dalla mano pubblica (il 40% dall'Unione europea, il 40% dallo Stato e il 20% dalla Regione Piemonte, fonte ora in via di prosciugamento per la crisi dei conti pubblici locali).

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