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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2013 alle ore 10:36.

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Ricavare il freddo dal calore, C'è anche questo tra i progetti dell'Itae, l'Istituto di tecnologie avanzate per l'energia del Cnr che si trova a Messina. Un progetto che il direttore dell'Istituto spiega con semplicità, ma che sottintende una tecnologia complessa e che può avere grandi sviluppi nel futuro. Fino al punto, solo per azzardare un'ipotesi, da poter creare una vera e propria piastra del freddo.

In questo caso esiste già un prototipo in cui la tecnologia di base è stata perfezionata e aspetta solo di essere industrializzato: «Abbiamo sviluppato in questo caso la tecnologia già utilizzata per refrigerare le cabine dei camion – dice Gaetano Cacciola – : in quel caso abbiamo utilizzato il calore proveniente dai gas di scarico mentre nel prototipo di cui stiamo parlando viene utilizzato il calore solare o la geotermia». Per quanto riguarda la produzione industriale il direttore dell'Itae chiarisce: « «Noi abbiamo fatto la nostra parte e il prototipo funziona e può essere industrializzato. Si tratta di un prodotto che richiede grandi investimenti ma che del resto ha anche grandi potenzialità».
Un buco nell'acqua. Ma non un fallimento, tutt'altro. Un buco nell'acqua come se fosse una trivella alla ricerca di petrolio. Solo che in questo caso il petrolio si presenta (o si dovrebbe presentare) sotto forma di idrogeno. Il progetto è questo: estrarre idrogeno e accumularlo per poi utilizzarlo nell'autotrazione e non solo. Mario Pagliaro è sicuro che si possa fare. Al secondo piano dell'edificio che ospita il Cnr alla periferia Ovest di Palermo, circondato da centri commerciali, Pagliaro ha ricavato una stanzetta quasi in mezzo al corridoio: è da 14 anni il suo quartier generale e insieme a lui lavora una decina di persone. Qui, non solo in questa stanzetta ovviamente, ha sede il Polo fotovoltaico della Sicilia nato in collaborazione con l'Università di Palermo e qui sta prendendo avvio la seconda fase della ricerca che riguarda l'idrogeno ottenuto attraverso la scissione dell'acqua. Sia essa piovana o marina.
Quella del fotovoltaico, per Pagliaro, è una battaglia già vinta: «Il 9 aprile di quest'anno la Sicilia è entrata ufficialmente nell'epoca solare, ovvero grazie al fotovoltaico può garantirsi l'autosufficienza energetica». Il fotovoltaico sembra appartenere ormai al passato (seppure prossimo) e le ricerche hanno generato all'esterno la nascita di numerose aziende (una decina) anche se resta sempre in piedi la proposta di creare un Istituto siciliano per il solare.

Se ne parlerà, forse, più avanti in un incontro che Mario Pagliaro ha chiesto al governo regionale. Oggi da queste parti si è più proiettati verso l'idrogeno e i suoi possibili usi: «Abbiamo in cantiere – dice – un progetto in collaborazione con la Soprintendenza del mare: metteremo in mare a Mazara del Vallo una barca che si muoverà con un motore a idrogeno». Anche se negli applicativi per la trasformazione dell'idrogeno da queste parti non sono molto forti.
Bisogna fare quasi 240 chilometri e spingersi fino alle pendici di un colle, su un promontorio che si affaccia sullo Stretto di Messina per trovare i risultati di una ricerca che dura da decenni e che ha già prodotto risultati concreti nell'ambito dell'utilizzo dell'idrogeno. Qui, in quella che viene chiamata Messina Sud, ovvero la periferia del capoluogo peloritano verso Catania, si trova l'Itae, l'Istituto di tecnologie avanzate per l'energia, nato nel 1980 e che porta il nome del suo fondatore Nicola Giordano. E qui entriamo nel concreto delle applicazioni a valle della ricerca scientifica e delle collaborazioni con aziende italiane e straniere di cui è direttore Gaetano Cacciola.
Si tratta di un centro distribuito su un'area di 3.500 metri quadrati in cui lavorano una settantina di persone tra cui 51 ricercatori e 15 tecnici: dei sei milioni di finanziamento annui, il 50% garantito dal Cnr serve a pagare gli stipendi e il resto ottenuto da finanziamenti privati, da fondi Ue e da finanziamenti di progetti di ricerca è destinato a pagare i costi della ricerca. Nell'insieme tutto va verso un unico obiettivo. Qui vengono sviluppate applicazioni sia nell'ambito dell'energia termica (solar cooling, geotermia, air conditioning) sia dell'energia elettrica e viene approfondita la ricerca (a volte fino ad arrivare quasi al prodotto finale) di tecnologie come le celle a combustibile, idrogeno & biocombustibili, sistemi di accumulo, fotovoltaico di terza generazione, macchine ad assorbimento.

Ognuna di queste tecnologie viene poi ulteriormente declinata. Sul fronte idrogeno e biocombustibili, per esempio, vengono studiati sistemi per la produzione di idrogeno da combustibili fossili (il metano), da energie rinnovabili e poi sistemi per la produzione di ecocombustibili da rifiuti e scarti. Attività di ricerca, anche in altri ambiti energetici, che pone l'Itae all'avanguardia nel mondo. Si prenda, per esempio, l'ambito degli accumulatori: «Abbiamo – spiega Cacciola – una collaborazione con Fiamm per nuove batterie che non abbiamo il piombo ma altri materiali che garantiscono più efficienza e sono meno inquinanti». E quella con Fiamm è una delle tante collaborazioni di questo istituto che ha collegamenti con aziende anche straniere come la tedesca Viessmann (si veda articolo a fianco), la Mitsubishi, St Microelectronics, con Tozzi, con Avio. Progetti a volte anche affascinanti come quello di riuscire a far funzionare sui camion l'aria condizionata grazie al gas di scarico del camion stesso verificando poi un sistema come quello di ricavare il freddo dal caldo che per i profani ha quasi dell'incredibile. Rapporti costanti con le imprese ma mai uno spin off, una azienda che sia nata in questi laboratori: «Non ci siamo mai posti il problema – dice Cacciola –: abbiamo sempre pensato che lo sbocco naturale fosse quello di continuare a lavorare dentro il Cnr. Ora però con le nuove regole e i limiti di dieci anni imposti per i contratti le cose sono un po' cambiate. E si pone anche il problema di dare una certa stabilità a chi si dedica alla ricerca».

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