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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2013 alle ore 16:38.

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Europa, 2025. Una ragnatela di nuovi gasdotti collega l'Italia all'Algeria, al mar Caspio, forse addirittura ai nuovi grandi giacimenti del Mediterraneo orientale. La costruzione di nuovi rigassificatori accoglie il gas naturale liquefatto proveniente via nave da tutto il mondo. È uno scenario ostentatamente ottimista, difficile da realizzare. Eppure, se solo uno dei grandi progetti in corso diventasse realtà, e se nel nostro Paese fossero finalmente realizzate una politica di allineamento dei prezzi al resto dell'Europa e un'efficace liberalizzazione del mercato, l'Italia, Paese vulnerabile sul fronte energetico, potrebbe trasformarsi già tra 6-8 anni in un hub commerciale del gas per il mercato europeo.

Non solo. L'obiettivo di diversificare le fonti di approvvigionamento, e ridurre quellapericolosa dipendenzada RussiaeAlgeria (che insieme rappresentano il 65% circa del gas che importiamo), potrebbe essere raggiunto con più facilità. A costi, infine, più bassi. Un obiettivo condiviso anche da altri Paesi industrializzati europei, desiderosi di alleviare la loro "russo-dipendenza" sul gas. Il metano sta divenendo una forma di energia sempre più strategica. Perché abbondante, a prezzi sempre più scontati, e soprattutto pulita. E a chi, a ragione, obietta che la domanda europea è in flessione, che dal 2008 al 2012 la crisi finanziaria e la conseguente recessione hanno ingoiato l'11% dei consumi netti italiani, che l'offerta oggi è quindi più che adeguata, si può facilmente rispondere con un atteggiamento più lungimirante, guardando dunque oltre la crisi congiunturale.

Gli argomenti a favore del gas divengono allora convincenti: la ripresa dell'economia, quando partirà, comporterà comunque una ripartenza dei consumi industriali. Le stime di Snam sulla domanda nel periodo 2011-2014 prevedono una crescita media annua del 2,6 per cento. Inoltre diversi Paesi europei stanno pianificando di sostituire il metano a fonti di energia più inquinanti, come il carbone. Il direttore strategie gas di Shell, Hans Stinis, ha dichiarato che per soddisfare la crescente domanda di energia mondiale il gas diverrà in 20 anni il sostituto del carbone, non solo in Europa ma anche nel resto del mondo. E se le importazioni europee di carbone in questo momento stanno crescendo, è, però, improbabile che nel medio termine l'Europa continui a utilizzare una fonte così inquinante. Lo sviluppo dello shale gas in Polonia e in Ucraina servirà, per l'appunto, a questo obiettivo. Come ha spiegato al Sole 24 Ore l'ambasciatore polacco in Italia, Wojciech Ponikiewski: «Due terzi dei consumi polacchi di energia dipendono dalle importazioni di gas dalla Russia. Con lo sviluppo dello shale gas intendiamo rafforzare la nostra sicurezza energetica, puntando su una fonte più pulita da sostituire al carbone nella produzione di energia elettrica». In Europa lo shale gas, il metano estratto con tecniche non convenzionali quali la fratturazione idraulica del sottosuolo, resta tuttavia un traguardo più lontano, e ancora incerto. Oggi i riflettori sono puntati sul Corridoio sud, il grande progetto per trasportare il gas naturale del giacimento azero di Shah Deniz II ai mercati europei aggirando il territorio russo e riducendo così la dipendenza europea dal gas di Mosca.

In lizza sono rimasti il West Nabucco (un tubo lungo 1.330 chilometri che attraverserà Bulgaria, Romania e Ungheria per arrivare in Austria) e il Tap (Trans adriatic pipeline). Quest'ultimo, in cui figurano la svizzera Axpo (42,5%), la norvegese Statoil (42,5%) e la tedesca Ruhrgas (15%), prevede un percorso di 800 km, di cui 115 nel mar Adriatico fino alle coste pugliesi. Dopo tanti rinvii la selezione del vincitore dovrebbe essere annunciata entro giugno. In palio 16 miliardi di metri cubi l'anno, di cui sei assorbiti dal mercato turco e 10 destinati a quello europeo. «Da un punto di vista teorico – ci spiega Giampaolo Russo, country manager per l'Italia del progetto Tap - il Trans Adriatic Pipeline presenta un percorso più breve, e ha quindi un costo economicamente inferiore che, a cascata, si riverserà su tariffe di trasporto più convenienti. Fornendo gas a prezzi diversi, può influire positivamente su quello finale al consumatore. Tempi di esecuzione: intorno ai 3/4 anni. Siamo dunque pienamente in linea per la realizzazione». Attraverso una rete già esistente e pianificata di gasdotti, il Tap potrebbe agevolmente fornire gas anche all'Europa sud orientale ed occidentale, compresa Gb. «Non è in teoria un progetto concorrenziale al South Stream – conclude Russo - Se in futuro l'offerta di gas dall'area del Caspio dovesse crescere, la capacità di trasporto di Tap può essere facilmente estesa fino ad oltre il doppio della attuale portata».

Il Galsi, il nuovo gasdotto che dovrebbe collegare le coste algerine alla Sardegna per ora resta sulla carta. Per quanto i costi siano lievitati sensibilmente, anche il gasdotto South Stream, ideato da Mosca per collegare Russia ed Europa attraverso il Mar Nero in modo da bypassare il problematico passaggio dall'Ucraina, è ufficialmente in corsa. Probabilmente qualcuno di questi progetti non prenderà vita. Ma altro gas naturale potrebbe arrivare in Europa da un'area fino a 10 anni fa sottostimata. Nel bacino del Mediterraneo orientale si nasconde un Eldorado del gas. Secondo l'Us Geological Survey la costa tra la striscia di Gaza fino a Cipro conterrebbe quasi 4mila miliardi di metri cubi di gas. «Alla luce delle nuove prospettive in Libano si può parlare di un ulteriore volume pari al 10-15% in più», ci spiega Roudi Baroudi, Ceo della Energy & Environment Holding. Ma qui gravano le tensioni e le dispute territoriali tra Israele e Libano.

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