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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2013 alle ore 16:38.

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È stato Israele a scoprire per primo i giacimenti giganti di Dalit e Tamar, nel 2009. L'anno dopo è stata la volta di Leviathan, il più grande giacimento mai scoperto nel Mediterraneo, 130 km dalle coste di Haifa. In aprile Tamar ha iniziato ad estrarre gas. Leviathan entrerà in produzione tra tre anni. Da Paese in perenne ricerca di fonti energetiche, nell'arco di pochi anni Israele potrebbe divenire esportatore di gas. Ma c'è anche il gas di Cipro, quello potenziale del Libano, e forse anche della Siria. Finora Israele ha trovato 600 miliardi di metri cubi, 200 Cipro. In gennaio Cipro ha già aggiudicato i contratti di "exploration and production" per i suoi potenziali giacimenti, tra cui figura, alla guida di un consorzio, l'italiana Eni e, in un altro consorzio, la francese Total. Presto altre compagnie seguiranno. Nel lotto dei potenziali interessati si trovavano anche russi, inglesi, canadesi, statunitensi, malesi, norvegesi ed Edison, che si è già aggiudicata l'esplorazione di due blocchi israeliani vicino alle coste egiziane. Dopo una serie di rinvii anche il Libano ha dato il via alle gare per i blocchi di esplorazione. Il 2 maggio partirà il primo License Round a cui Edison si è qualificata insieme ad altre 51 società. Secondo fonti del Sole 24 Ore Edison potrebbe valutare una sua partecipazione alla fase finale in Libano e alle gare per i prossimi blocchi a Cipro. Ma lo sviluppo dello shale gas rischia di stravolgere la geopolitica dell'energia nell'arco di pochi anni. La rivoluzione che ha investito gli Stati Uniti, un grande importatore di energia che ora si appresta a esportare, ha fatto precipitare i prezzi del gas sul mercato spot degli Usa a valori inferiori di quattro volte rispetto a quelli italiani.

Se in Europa Paesi come la Francia hanno scelto di non sfruttare queste risorse per i rischi ambientali che comportano, altri, con grandi giacimenti come Ucraina e Polonia, vanno avanti. «La produzione dello shale gas - continua l'ambasciatore polacco Wojciech Ponikiewski - ha rivoluzionato il mercato energetico negli Usa. Grazie ai bassi costi, lo shale gas ha dato il via a una nuova fase di reindustrializzazione, soprattutto nel comparto chimico. Nuove industrie, nuovi posti di lavoro, un aiuto alla crisi. Anche in Europa dobbiamo vedere lo shale gas come una della possibili soluzioni alla crisi. Noi saremo severi sul rispetto degli standard ambientali. Ma è bene precisare che lo shale gas polacco si trova più in profondità, quindi il rischio di contaminazione delle falde acquifere è molto più basso». Difficile effettuare previsioni precise sui tempi. «Credo che nell'arco di 5-10 anni assisteremo all'avvio della produzione».

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