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Pfu, una sfida da vincere

Giovanni Corbetta, direttore del consorzio EcopneusGiovanni Corbetta, direttore del consorzio Ecopneus

Per anni, il profilo delle montagne che attorniano la Terra di Lavoro fra Caserta e Nola è stato rigato dai pennacchi neri di incendi infiniti. Da questi grandi falò selvaggi è nata la locuzione Terra dei fuochi. L'innesco era dato dagli pneumatici. I camorristi o gli "smaltitori abusivi" (non tutti camorristi) accatastavano nottetempo le gomme sulle strade sterrate in mezzo alle colture e fra gli ortaggi, sopra la pira di pneumatici disponevano rifiuti, una gettata di benzina e un fiammifero. Gli pneumatici costituiscono un combustibile ottimo e pessimo al tempo stesso, la cui fiamma tenace produce volute dense di fumo pestilenziale.

Il protocollo Terra del fuochi firmato tra Ecopneus e il ministero dell'Ambiente compie un anno. Ecopneus è il consorzio senza fine di lucro che i produttori di pneumatici hanno costituito per il ricupero e il riciclo delle gomme usate. Il fenomeno non è debellato ma – insieme con il presidio fatto dalle istituzioni e dai volontari che vogliono difendere la loro terra – l'attività di Ecopneus ha sfilato dalle mani degli inquinatori gran parte della materia prima combustibile.

Il lavoro impegnativo in Campania ha avuto anche un riconoscimento pubblico l'altra settimana a Milano dove il progetto Terra dei fuochi ha meritato a Ecopneus un premio in occasione della dodicesima edizione del Sodalitas Social Award, il più prestigioso riconoscimento in Italia per la sostenibilità d'impresa organizzato dalla Fondazione Sodalitas.

Chi erano (e chi sono) gli inquinatori della Terra dei fuochi? La camorra, anche. Ma i rifiuti sono prodotti soprattutto dalla maglia fitta di imprese in nero, che sfuggono a ogni rilevazione perché tutta la loro attività – dalla fornitura delle materie prime fino alla vendita dei prodotti finiti – si svolge in circuiti non rilevati. Le vendite, attraverso bancarelle e consegne porta-a-porta. Alla fine restano i rifiuti, che per essere dati alle imprese dello smaltimento hanno bisogno di fatture, bolle di consegna e registri di carico e scarico che non esistono. Così si consegnano teli di plastica, imballaggi, latte vuote di vernice, sfridi di lavorazione al furgone che passa, carica e brucia in campagna.
Le gomme usate, però, non sono solamente il combustibile dello smaltimento illegale. Sono un problema in tutto il mondo.

Pesanti, ingombranti, nei primi decenni della motorizzazione diffusa le gomme non sono state smaltite. Venivano accumulate. Gli usi più diffusi erano di tipo elementare – oltre al luogo comune dei falò accesi dalle prostitute al margine delle strade – come contrappesi sui teloni di copertura dei fienili o perfino come parabordi per i barconi veneziani da lavoro. Per il resto – cioè per la maggior parte delle gomme – l'abbandono o l'accatastamento.

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