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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2014 alle ore 11:59.
L'ultima modifica è del 22 settembre 2014 alle ore 14:46.

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La politica energetica italiana è da rifare. Anche perché può rappresentare una colonna della ripresa economica del paese. A patto di recuperare quel che c'è di buono nella strategia energetica nazionale messa in campo dal governo precedente e riproposta (in verità senza troppi entusiasmi) dall'esecutivo in carica. Era, la cosiddetta "Sen", una somma di buone intenzioni: la promozione dell'efficienza energetica, il rafforzamento delle interconnessioni internazionali, una valorizzazione del petrolio, dei gas che abbiamo in Italia ma con una solida tensione all'ambiente. Serve però la tabella di marcia più precisa e vincolante. Con una scala di priorità. O meglio, serve un libro bianco all'inglese. Che sappia creare certezze e sinergie, rimediando ai tentativi un po' episodici e molto scoordinati con i quali si tenta di risolvere i problemi che ci ha creato lo scenario ma che ci siamo anche creati noi stessi: la dipendenza senza pari dalle risorse energetiche altrui sul primo fronte, la crescita micidiale e incontrollata dei costi di incentivazione delle fonti rinnovabili sul secondo fronte.

Il messaggio alle istituzioni
A mettere il dito sulla piaga energetica del paese ma a indicare anche possibili soluzioni è la Commissione attività produttive della Camera che al termine di un'indagine conoscitiva ha preparato un documento messo a punto dal relatore Vinicio Peluffo. In queste ore il via alla discussione, per trasformarlo in una segnalazione formale da presentare alle istituzioni e agli operatori.

Nel mirino della commissione c'è, in particolare, il grande squilibrio fra la massa gigantesca di incentivi dedicati alle energie rinnovabili e pagati dai consumatori elettrici (con una sempre più cospicua voce aggiuntiva delle bollette) e il ritorno di questi incentivi in termini di efficienza e competitività del settore. La bozza delle conclusioni dell'indagine non fa esplicito riferimento all'ultima e assai controversa manovra spalma-incentivi messi in campo dal governo Renzi per garantire un po' di ossigeno alle piccole e medie imprese, che più di ogni altro sono penalizzate dalla struttura delle bollette elettriche. Ma una critica implicita riguarda anche questa misura.

Stop all'improvvisazione
«Per gestire trasferimenti di risorse finanziarie operate dal governo attraverso meccanismi di natura parafiscale tra differenti categorie di consumatori presenti nella filiera energetica, il decisioner pubblico - si legge nella bozza del documento - dovrebbe dotarsi di uno strumento di programmazione di medio periodo specifico per il settore, da adottare secondo procedure mutuate dal mondo anglosassone, quali ad esempio il Libro Bianco, avvalendosi anche del ruolo propulsivo del regolatore». Un suggerimento che arriva - insiste Peluffo - alla luce dell'importante ammontare delle risorse trasferite, che per le sole fonti rinnovabili arrivano a 12,5 miliardi di euro per il 2014, e dell'impatto che sussidi e tasse hanno sul funzionamento dei mercati». In questo modo si eviterebbero «come è accaduto negli ultimi anni, decisioni prese sulla scorta di situazioni contingenti dettate da criteri di urgenza, spesso non coerenti l'una con l'altra».

Difetti ma anche virtù
Certo, per risolvere i mali strutturali della nostra energia serve ben altro: interventi noti, più volte promessi, mai concretizzati. Ottima idea quella di trasformare l'Italia in un hub mediterraneo del gas rafforzando le infrastrutture di import, i gasdotti e i rigassificatori, anche «per garantire la sicurezza e la diversificazione degli approvvigionamenti». Nel frattempo bisogna mettere mano con più consapevolezza al mercato interno non solo nell'elettricità ma anche nella distribuzione del gas naturale, dove «occorre giungere ad un quadro di chiarezza circa il sistema delle concessioni», garantendo buon funzionamento del nuovo sistema di gare per la distribuzione per ambiti territoriali che stenta ancora a decollare.

Così per gli stoccaggi di metano, che vanno considerati «un'opportunità per rendere più flessibile il sistema, a patto che ciò sia fatto attraverso adeguati trasparenti meccanismi di competizione». Sapendo che tutto ciò può appunto diventare un volàno per lo sviluppo economico. Anche perché accanto ai difetti strutturali del nostro sistema energetico abbiamo alcuni pregi su cui far leva. Sull'onda della liberalizzazione - si rimarca nella bozza di documento - abbiamo profondamente rinnovato il nostro parco di centrali termoelettriche, che ora sono diventate tra le più efficienti del mondo. Manca però una buona integrazione con le fonti rinnovabili. Ma sull'intelligenza delle reti abbiamo anche qui buone prerogative tecnologiche. Si tratta ora di strutturare un intervento di modernizzazione complessiva del sistema. Che meriterebbe, questo sì, qualche impegno e forse qualche risorsa in più.

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