Economia

Mercato televisivo: hi-tech e streaming in arrivo nel 2015

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Mercato televisivo: hi-tech e streaming in arrivo nel 2015

Gli ultimi due sussulti sono arrivati sul filo di lana del 2014. Il 29 dicembre si è saputo che Sky ha acquistato da Class Editori la possibilità di trasmettere sul canale 27 del digitale terrestre. Il 30 dicembre Wuaki.tv, servizio video on demand (nato in Spagna dove ha 1,4 milioni di clienti, ma appartenente al gruppo giapponese Rakuten) ha comunicato di aver avviato le sperimentazioni in Italia. Equilibri tutti da verificare fra i player tradizionali e nuove abitudini di consumo. Questi ultimi due ultimi due fuochi del 2014 alla fine altro non fanno che confermare che tra questi due estremi si giocherà la partita della tv nel 2015.

Il redde rationem sulla Pay tv
Il primo caso - il raddoppio di Sky sul digitale terrestre - è stato preceduto nei mesi scorsi da indiscrezioni e smentite sullo sbarco in grande stile della tv di Murdoch nel digitale terrestre in Italia, così da competere con i rivali di Mediaset sul terreno della tv generalista e della raccolta pubblicitaria sul Dtt. Questa lettura - legata anche al fatto che Mediaset a partire da metà anno avrà i diritti della Champions per le prossime tre stagioni e che vedrebbe quindi Sky nella posizione di chi attacca i rivali sul loro stesso terreno - è stata smentita con forza dall’emittente della galassia Murdoch. Del resto Sky vive di abbonamenti e ha fatto sapere che non intende sentire neanche lontanamente parlare di cambiamenti nel business model. Certo è che il canale 27 si è presentata come una buona occasione per la vicinanza con il 26 dove Sky già trasmette con Cielo. Resta da capire quale sarà la situazione per la trasmissione della Champions dalla stagione 2015-2016. In casa Mediaset è nata la nuova Premium in cui entro gennaio la spagnola Telefonica dovrebbe perfezionare l’ingresso nell’azionariato, con il versamento di 100 milioni per una quota dell’11,1 per cento. Il gruppo di Cologno è alla ricerca di altri soci. Per alcuni analisti non sarebbe peregrina la strada che porterebbe a Sky, anche come contropartita per trovare un accordo sulla Champions.

Mercato in (lieve) ripresa
Per ora sono voci, ma il quadro è fluido. Volendo dare alcuni flash: la Rai è attesa a passaggi cruciali su governance e canone e come ha spiegato il premier Renzi sarà al centro dell’azione del Governo ad aprile; fra gli editori stanno guadagnando spazi Viacom, ma soprattutto Discovery Italia, che nel 2014 si è confermato terzo editore nazionale per share: 6% (6,7% durante le festività), in crescita dell’8% rispetto al 2013. Il tutto in un contesto generale in cui forse da quest’anno dovrebbe ritornare a far capolino la ripresa. «Dopo una fase di crescita fino al 2010 e dovuta essenzialmente allo sviluppo della Pay-tv, i ricavi del mercato televisivo italiano vivono una fase di forte contrazione», afferma Emilio Pucci di e-Media Institute. «Tant’è - aggiunge - che per la prima volta i ricavi sono scesi sotto lo 0,5% del Pil nazionale». Varie stime, fatte da società come e-Media o It Media Consulting, indicano in 400 milioni di euro il recupero dei ricavi da qui al 2016 per il mercato televisivo (7,6 miliardi nel 2014). Secondo Pucci sono a questo punto 4 i fattori decisivi. Alla riforma del canone - con conseguente recupero anche parziale o progressivo dell’evasione - si unisce l’arrivo della broadband tv (entro i primi mesi dell’anno dovrebbe arrivare alla piena operatività l’accordo fra Sky e Telecom sulla trasmissione attraverso la rete in fibra con decoder ad hoc), uno sviluppo maggiore delle offerte internet-video gratuite e il probabile nuovo ingresso di operatori come Netflix.

Nuove abitudini di consumo
«L’evoluzione del mercato - dice Augusto Preta, di It Media Consulting – dimostra che il digitale ha determinato cambiamenti radicali in un periodo di 5 anni. Internet ha una potenzialità distruttiva molto più forte, con accelerazioni legate alla tecnologia ampiamente più rapide. È quindi ipotizzabile che in 2-3 anni il mercato possa subire trasformazioni ancora più sconvolgenti, ma questo richiede infrastrutture come la banda ultralarga». Che sono ancora carenti, è vero. Ma le nuove tecnologie, unite ad altre modalità di fruizione, stanno prepotentemente bussando alla porta. Wuaki.tv non è di certo Netflix (di cui in Italia si attende lo sbarco, per fine anno o nel 2016 secondo indiscrezioni), ma il fatto che un altro operatore (appartenente al terzo gruppo di e-commerce mondiale) si aggiunga a un’offerta di video in streaming on demand coperta in Italia da SkyOnline, Infinity (Mediaset), Chili.Tv (che dal canto suo ha previsto di aggredire 4 mercati europei), Google Play, non è da trascurare. Anche perché ci sono studi che invitano a non fare questo errore. Il ConsumerLab di Ericsson, per esempio, ha individuato nell’incremento della visione in streaming uno dei 10 principali trend del 2015 dei consumatori nel mondo. E la declinazione italiana dello studio “Tv & Media 2014” (basato su interviste a oltre 23mila persone in 23 Paesi diversi) su questo punto è chiara. In Italia nel 2014 l’80% degli intervistati ha dichiarato di vedere regolarmente contenuti streaming rispetto a un 79% che dice di vedere la tv. Rispetto al 2013 gli streamer sono cresciuti di 7 punti, mentre i “traditionals” sono diminuiti di circa 11 punti.

Tecnologie e business
Il consumo sta quindi diventando sempre più interattivo. Emerge infatti che gli italiani, mentre guardano la tv, interagiscono con altri device come smartphone e tablet. Il 44% lo fa per approfondire i contenuti che sta guardando; il 29% ne discute online. Partendo da qui la ricerca di Ericsson delinea le caratteristiche chiave della tv del futuro. Innanzitutto il contenuto tv diventa vieppiù centrale, al di là del medium. Poi la qualità della visione finirà per essere sempre di più l’ago della bilancia. Secondo la ricerca l’Hd è ritenuto fondamentale per il 56% degli italiani e circa il 30% è disposta a pagare per averla. Anche le aspettative degli italiani sulla tv 4K sono alte: uno su 5 è disposto a mettere mani al portafogli per garantirsela. Infine le nuove tecnologie permettono di aprire riflessioni anche sui modelli di business. Se da una parte, infatti, meno del 10% degli intervistati da Ericsson preferirebbe un modello a pagamento mensile per servizi tipo Youtube rispetto a uno basato sulla pubblicità, il discorso cambia per le serie Tv, per le quali più del 40% sarebbe disposto a seguire un modello a pagamento. Tutto il contrario dello sport: meno del 15% degli appassionati vorrebbe la pubblicità tradizionale.