Economia

«Ok la newco, ma tutelare i creditori»

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Lavoro

«Ok la newco, ma tutelare i creditori»

  • –Matteo Meneghello

IL FUTURO ASSETTO

L’attuale direttore generale

dell’Ilva, Roberto Renon,

potrebbe avere un ruolo

operativo all’interno

della nuova struttura

ROMA

Innanzitutto bisogna «tutelare i creditori» che hanno garantito la continuità produttiva dell’Ilva e ora «non possono pagare il costo del risanamento». E poi vanno trovate le risorse, almeno un miliardo: la strada può essere quella indicata della newco con l’intervento della nuovissima Spa per il rilancio delle imprese italiane in crisi prevista dal Dl banche varato mattedi, «ma il Governo deve agire costituendo questo veicolo il prima possibile e verificando la compatibilità con le norme Ue in materia di aiuti di Stato e concorrenza». Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria risponde così ai senatori che ieri durante l’audizione nelle commissioni Industria e Ambiente gli hanno chiesto dove si puà migliorare il Dl 1 del 2015 in fase di conversione di legge. Un provvedimento che per la Panucci segna «una cesura rispetto al passato» perché con la decisione di procedere con la legge Marzano e l’amministrazione straordinaria si arriva a un «definitivo spossessamento della proprietà motivato dall'esigenza di far fronte a una situazione di presunta insolvenza». Una scelta che non considera tra l’altro «la posizione dei soci di minoranza, che non sono in alcun modo coinvolti nelle indagini e che pure - evidenzia la Panucci - subiscono quello che di fatto appare come un vero e proprio esproprio senza indennizzo». Ieri infatti è stata formalizzata la richiesta di amministrazione straordinaria. Il commissario Piero Gnudi ha depositato l’istanza per l’ammissione di Ilva alla procedura. A stretto giro il ministro dello Sviluppo Federica Guidi ha nominato i tre commissari chiamati a traghettare il gruppo siderurgico verso l’affitto ad una newco pubblica. Confermata, come aveva lasciato intendere due giorni fa il consigliere economico del Governo Andrea Guerra, la «squadra» che ha lavorato in questi mesi: fanno parte della terna lo stesso Gnudi e l’attuale sub-commissario Corrado Carrubba, ai quali si aggiunge Enrico Laghi, professore di Economia aziendale all’Università La Sapienza di Roma (le nomine saranno formalizzate nel decreto di ammissione dell’Ilva in amministrazione straordinaria). Per Roberto Renon, attuale dg di Ilva (per il quale si era ventilata l’ipotesi di una nomina nella terna commissariale) potrebbe profilarsi un ruolo «operativo» nella futura newco, evitando in questo modo rischi di sovrapposizione e di incompatibilità tra l’Ilva in amministrazione straordinaria e la nuova Ilva «statalizzata».

In attesa che si profili l’identikit della newco il dg di Confindustria chiede di intervenire sul decreto in Parlamento «rafforzando e ampliando il perimetro dei creditori strategici», in particolare le aziende dell’indotto di Taranto che attualmente stanno pagando più di tutti la crisi dell'Ilva (i crediti in sospeso a novembre ammontavano a 600 milioni). Per quanto riguarda l’intervento diretto dello Stato, la Panucci si dice favorevole («in casi limitati è necessario») a patto però che «la partecipazione pubblica sia per un periodo circoscritto e poi di nuovo l’impresa torni sul mercato».

A questo proposito i vertici di ArcelorMittal, ieri in audizione davanti alle commissioni Industria ed Ambiente del Senato riunite, hanno confermato l’interesse per il gruppo Ilva in partnership con Marcegaglia, senza escludere una (parziale) disponibilità a partecipare alla newco. Un’ipotesi suggerita anche dall’altro pretendente all’Ilva, Giovanni Arvedi, nonostante Guerra due giorni fa abbia chiuso le porte a questa possibilità, parlando solo dell’apertura a «operatori specializzati in turnaround». «Siamo disponibili a qualsiasi soluzione» ha detto ieri Ondra Otradovec, responsabile dell’area fusioni e acquisizioni del gruppo, precisando però che, nel lungo periodo, il gruppo franco-indiano non è interessato a «ruoli di minoranza. Con i giusti tempi vorremmo diventare uno shareholder di maggioranza, come arrivarci dipende dal governo. Siamo disponibili – ha detto il dirigente – nei modi più opportuni». I vertici di ArcelorMittal (presente all’audizione anche il vicepresidente con delega ai Progetti strategici, Henri-Pierre Orsoni) hanno dichiarato un debito di 17,7 miliardi di euro, affermando però che si tratta di una soglia che «non dà preoccupazioni» sulla solidità finanziaria del gruppo (il rating è BB+: su richiesta del presidente della Commissione Industria Massimo Mucchetti è stato specificato che è «non investment grade»). Il gruppo ha infine rassicurato i senatori sul fatto che se, ArcelorMittal acquista un asset, è per mantenerlo «in maniera permanente».

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