Economia

Slot spente contro il Fisco

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Industria

Slot spente contro il Fisco

  • –Jacopo Giliberto

SOVRATTASSA

L’una-tantum è 1.200 euro

per ogni apparecchio

funzionante: per evitare

il tracollo gli operatori bloccano i «videopoker»

Si ribellano quelli dei videopoker (nome scorretto per le slot machine, Awp e Vlt). La nuova tassa una tantum di 1.200 euro decisa dalla Legge di Stabilità per ogni macchinetta che tanti amano e molti di più odiano sta mettendo in crisi migliaia delle 5mila microimprese di gestione. Un po’ per protesta, un po’ per non farsi strozzare dal prelievo inatteso, molti gestori di videoslot stanno spegnendo gli apparecchi. La rivolta parte da Nuoro, dove si sono riuniti alcuni dei gestori, ma in tutt’Italia sono già state staccate centinaia di macchine. Sabato si riuniranno a Roma forse 2mila di questi microimprenditori per coordinare la protesta antitassa.

L’oggetto del contendere sono la quarantina di miliardi di euro giocati nel 2013 nelle oltre 100mila slot machine, per un gettito al Fisco di quasi 5 miliardi sugli 8 di incassi da giochi e lotterie.

«Non possiamo spegnere e basta le macchinette. Sono tutte in rete e collegate in diretta con l’Agenzia delle entrate», dice Francesco Pirrello, presidente dell’associazione dei gestori giochi elettronici Agge Sardegna e figura di rilievo dell’associazione Sapar. «Allora, visto che non possiamo spegnerle, ci limitiamo a non intervenire: smettiamo di caricare all’interno dei videoslot le monete che anticipiamo di tasca nostra per le vincite, e dopo un po’ le macchinette restano a secco di denaro e si fermano», aggiunge Pirrello.

Da settimane le associazioni di riferimento sono infuriate. Per esempio Matteo Marini, presidente di fresca nomina dell’Acadi (l’associazione confindustriale dei concessionari di apparecchi da intrattenimento), dopo avere pubblicato su alcuni dei principali quotidiani intere pagine di lettera aperta, ora ha confermato che l’associazione da lui guidata esce dal Sistema Gioco Italia, federazione che raccoglie anche altri settori come gli ippodromi, le sale bingo, i costruttori di apparecchi automatici e così via.

Le nuove regole potrebbero costringere alla chiusura migliaia di microimprese, con effetti anche per alcune grandi società concessionarie del gioco che coordinano le macchinette. Altre concessionarie potrebbero occupare gli spazi lasciati liberi dai piccoli gestori più deboli, innescando una concorrenza nuova fra concessionarie.

Baristi e tabaccai ricevono un reddito integrativo da queste centomila macchinette: si stima che due macchine rendano un fatturato sufficiente a dare la paga a un dipendente. Se dovessero fermarsi molti apparecchi, innumerevoli esercizi pubblici dovrebbero mandare a casa il ragazzo del caffè o la cassiera.

Insomma, se la protesta si diffonderà lo Stato non avrà l’intero incasso di 500 milioni voluto con l’una tantum, né gli incassi delle giocate (destinati soprattutto per la Sanità, i Beni culturali e per finanziare la cassa integrazione), né tanti altri incassi fiscali generati da bar e tabaccherie rimasti senza slot machine.

Ma le proteste annunciate possono avere anche altri aspetti oltre al blocco dei dispositivi. Per esempio, visto che per legge è vietata l’istigazione al gioco d’azzardo, gli associati vogliono denunciare tutte le forme, anche in apparenza più innocue, di “adescamento” al gioco a premi, come gli spot televisivi, le pubblicità, perfino i foglietti con le vincite di “questa ricevitoria” attaccati con il nastro adesivo sulla vetrina.

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Come vengono ripartiti i soldi giocati nelle videoslot. In %