Economia

Ilva senza risorse, rischio di fermata

  • Abbonati
  • Accedi
Mondo & Mercati

Ilva senza risorse, rischio di fermata

L’ITER DEL DECRETO

Ministero dell’Ambiente

e dello Sviluppo al lavoro

sugli emendamenti

e per rendere esigibili

i 150 milioni di Fintecna

TARANTO

L’indotto sempre più alle corde per i mancati pagamenti e lo stabilimento dell’Ilva che rischia di fermarsi perché sono quasi a zero liquidità, risorse e materie prime.

A un mese dal decreto legge del governo, Taranto vive un momento complicatissimo e non si intravvede a breve una schiarita. Ieri le imprese appaltatrici hanno ricevuto la comunicazione che l’Ilva è in amministrazione straordinaria con la legge Marzano. E proprio questo spaventa le aziende, che temono di non riavere più i loro crediti o di vederli ridimensionati. Sono 150 milioni accumulati nel tempo solo dalle realtà di Taranto. Soldi che se venissero a mancare, porterebbero le imprese, già molto esposte con le banche, a chiudere e a licenziare. Una situazione che ieri gli imprenditori associati a Confindustria Taranto, guidati dal presidente Vincenzo Cesareo, hanno nuovamente evidenziato al prefetto Umberto Guidato col quale si sono incontrati dopo aver effettuato un sit-in sotto la Prefettura. E mentre i rappresentanti delle imprese manifestavano, lavoratori dell’indotto e sindacati occupavano la statale Taranto-Reggio Calabria. Un blocco durato sino al tardo pomeriggio e che ha avuto effetti pesanti sulla raffineria dell’Eni. Nessuna autocisterna è infatti entrata o uscita per tutto il periodo della protesta e quindi c’è stato uno stop di diverse ore nell’approvvigionamento di carburanti.

Oggi non si prevedono blocchi stradali. La mobilitazione si esprimerà in forme meno dure. I lavoratori, infatti, terranno due presidi, uno dinanzi alla portineria imprese del siderurgico, l’altro davanti al municipio dove è in corso già da alcuni giorni. L’indotto, invece, continuerà a rimanere in attesa di rassicurazioni dal governo e dall’amministrazione straordinaria dell’Ilva. Già da lunedì dell’altra settimana le imprese, oltre a mettere in cassa integrazione il personale (3mila unità coinvolte), hanno anche sospeso ogni attività nello stabilimento all’infuori di quelle urgenti come i ripristini degli impianti e la loro messa in sicurezza. Disponibilità che ieri Confindustria Taranto ha riconfermato al prefetto e all’azienda. «Se si pensa che i soldi possano sbloccarsi subito, si commette un errore – afferma il senatore Pd, Salvatore Tomaselli, relatore del decreto legge –. Con i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, si sta lavorando agli emendamenti al decreto lungo le linee note: rendere esigibili i 150 milioni di Fintecna che saranno la liquidità immediata dell’amministrazione straordinaria, garantire l’indotto tra i fornitori strategici e dargli anche un plafond di 150 milioni assistito dal Fondo centrale di garanzia, utilizzare per il risanamento quanto sequestrato ai Riva. È vero, ci vorrà ancora un mese perché il decreto deve poi andare alla Camera – conclude Tomaselli –, ma questi emendamenti saranno legge».

Stasera, intanto, i commissari Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi incontreranno al Mise i sindacati e chiederanno la cassa integrazione per tutto il gruppo. Per Taranto si parla di 5mila unità a rotazione come numero massimo. Nel siderurgico deve fermarsi a breve per lavori il grande altoforno 5 e non si sa, proprio perché non ci sono risorse, se prima ripartirà l’altoforno 1 fermato a dicembre 2012. I sindacati chiedono che l’Ilva continui ad usare i contratti di solidarietà e non ricorra alla cassa. L’azienda dice di non esser contraria alla solidarietà ma i vincoli dell’amministrazione ordinaria impediscono di prorogarla. L’Ilva ha già posto il problema al ministero del Lavoro chiedendo di seguire la strada percorsa a Piombino dove la Lucchini ha usato la solidarietà con l’amministrazione straordinaria.

© RIPRODUZIONE RISERVATA