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Bancari verso lo sciopero. L’allarme: 20mila esuberi nelle…

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Bancari verso lo sciopero. L’allarme: 20mila esuberi nelle popolari

Dopo settimane in cui dall'Abi non sono arrivati i segnali sperati, alla vigilia dello sciopero del 30 gennaio, i bancari alzano il tiro e scrivono al premier, Matteo Renzi. Oltre che al presidente di Abi, Antonio Patuelli, e a quello di Federcasse, Alessandro Azzi. Visto da Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Dircredito, Sinfub, Ugl e Unisin il momento è quello in cui «il tasso di disoccupazione ha superato livelli mai sfiorati nella storia passata (13%)» e «le disparità sociali sono via via aumentate», con «il 50% delle ricchezze concentrate nelle mani del 10% della popolazione». In questo contesto è «miope la scelta di Abi e di Federcasse di rinunciare intenzionalmente all'unità del sistema, abiurando una storia ventennale di concertazione virtuosa». «Lasciare i bancari senza un contratto, alla mercé delle spinte che ne potranno motivare l'operato in assenza di regole e tutele», costituisce «un affronto» per la categoria. Nella missiva le otto sigle sollevano riserve sul decreto di riforma delle Banche popolari in Spa. Una nota di Assopopolari evidenzia che la misura contenuta nel provvedimento determinerà «tagli ai costi del personale pari a oltre 1,5 miliardi di euro e una contrazione degli occupati pari a circa 20mila unità».

A questo punto il tema dell'occupazione entra a piè pari nel negoziato per il rinnovo del contratto: concretamente, con 20mila esuberi. E a questo punto allora «se le banche non cambiano atteggiamento, andremo avanti a oltranza chiedendo l'intervento del Governo e del Presidente Renzi», dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi che il 30 sarà a Milano al comizio in piazza della Scala con il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Altre manifestazioni saranno organizzate a Ravenna, Palermo e Roma. «L'Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve prendersi l'impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali», continua Sileoni. Per i sindacati del credito le banche popolari però «devono decidere da che parte stare»: i rappresentanti dei lavoratori sarebbero pronti a fare fronte comune contro il decreto legge. A patto che «Assopopolari suggerisca all'Abi di rivedere il suo atteggiamento sul contratto», dice il segretario generale della Fisac, Agostino Megale. La riforma delle Popolari secondo il segretario generale della Fiba Cisl, Giulio Romani, «espone il paese al fortissimo rischio di invasione straniera. Coinvolgiamo Renzi perché è una questione che riguarda il risparmio del Paese». «Sarà uno sciopero grande e partecipato - sintetizza il segretario generale della Uilca, Massimo Masi -: abbiamo coinvolto nelle assemblee più di centomila lavoratori in un mese e mezzo».

Sulle loro richieste i sindacati sono chiari e non intendono fare passi indietro. «Ci aspettiamo il riconoscimento dell'inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni, e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi che tenga conto delle nostre proposte sul nuovo modello di banca», elenca Sileoni. «Se l'Abi non cambia atteggiamento - continua il leader dalla Fabi - la lotta sindacale e dei lavoratori sarà ancora più dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto». Quando si chiedono sacrifici economici ai lavoratori e si perdono 68mila posti di lavoro in 15 anni «anche i vertici devono dare l'esempio - aggiunge Sileoni -. E di banchieri che hanno dato l'esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi». Dopo che uno studio della Fisac Cgil ha messo in luce che in media il compenso (fisso e variabile) dei primi 5 ad delle banche Spa è 3,7 milioni di euro, «quando per i manager pubblici c'è un tetto dello stipendio a 240mila euro, il presidente di Banca d'Italia guadagna 460mila euro, il presidente della Bce 600mila euro», osserva Megale, Abi ha precisato che nel 2013 il personale più rilevante ha ricevuto una retribuzione totale annua media pro capite pari a 245.400 euro. Per gli amministratori delegati si sale in media a 703mila euro.

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