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Economia della speranza a Torino: il pane lo fanno i detenuti

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ALIMENTARE

Economia della speranza a Torino: il pane lo fanno i detenuti

Funziona da un mese il primo negozio, a Torino, che vende esclusivamente prodotti di panificazione che provengono dal lavoro dei detenuti nel carcere “Lorusso e Cutugno”, alla periferia della città. L’esercizio è stato aperto in centro, in via Massena 11/C, per iniziativa della cooperativa “Liberamensa”,e ha un nome che gioca con la provenienza dei prodotti, “Farina nel Sacco” (info@farinanelsacco.it)
Si tratta di una panetteria certamente unica nel suo genere. Da una parte, per la farina che utilizza, dall'altra per chi la utilizza e il luogo in cui viene trattata. La farina viene dal “Mulino della Riviera”, con le sue macine a pietra e la sola forza dell'acqua ad azionarle, grazie al minuzioso lavoro di restauro portato avanti dalla famiglia Cavanna. Così è stato possibile tornare a produrre farine pregiate macinando segale, farro monococco, farro integrale, mais pignoletto… Tutto il frumento proviene dal territorio e, in alcuni casi, dal recupero di antiche culture in esso reintrodotte, come la segale della Valle Gesso. Viene poi selezionato con cura consentendo la macinatura a secco dei chicchi, mantenendo così inalterati profumi, colori, digeribilità e principi nutritivi.
E poi ci sono i panificatori. Il panificio del carcere di Torino nasce da un contributo della Cassa delle Ammende e della Compagnia di San Paolo, nella convinzione che, spiega Piero Parente, di Liberamensa, «la pena non può essere solo una questione “afflittiva”, che la sicurezza sociale non può essere relegata alla sola reclusione e che la vivibilità delle carceri italiane non può ridursi ad un certo numero garantito di metri quadri per persona. Al contrario, sicurezza sociale e condizioni dignitose di vita nelle carcere, si possono perseguire solo offrendo ai detenuti opportunità di formazione, di lavoro, di studio». In questo panificio, sotto la guida di un giovane panificatore, Diamante Abdushi, tre detenuti sono al lavoro impastando le farine del Mulino della Riviera con acqua, sale marino integrale e lievito madre. «Pochi, pochissimi ingredienti – aggiunge Parente - per sfornare un pane di grande qualità, dai sapori antichi e dalla lunga conservazione e quindi anche un pane “economico”, che non alimenta i numeri sproporzionati degli scarti alimentari, come purtroppo avviene nell'industria della grande panificazione, che spesso sforna prodotti immangiabili dopo alcune ore».

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