
Vola il business internazionale delle fiere. Il fenomeno però investe solo in parte l'Europa. E lambisce l'Italia, dove il settore fieristico fa i conti con gli effetti della lunga crisi economica e coglie solo in parte (almeno per ora) i frutti di un processo d'internazionalizzazione (in particolare con Milano, Bologna e Verona) partito in ritardo. Tra pochi mesi però in Italia aprirà l'Expo 2015 e diverse manifestazioni, a Milano e in altre città, beneficeranno del traino per affermarsi e richiamare buyer internazionali.
A livello mondiale, nei prossimi anni, i maggiori beneficiari della crescita continueranno ad essere gli organizzatori operanti nelle Americhe, in Asia e nel Medio Oriente (e non dimentichiamo che Milano, Verona e Bologna hanno eventi dal Sud America alla Cina). E il rallentamento di alcune economie (si pensi in particolare alla grande crisi russa) non ha raffreddato le aspettative dei promotori, sempre convinti che le esposizioni rimarranno, per molti anni, il miglior strumento di marketing business to business, un'attività che nel mondo - secondo quanto stimato dalla società di consulenza Amr International - genera un giro d'affari annuo di almeno 27 miliardi di dollari.
La forbice tra l'Europa e le altre aree del mondo si manifesta nel preconsuntivo 2014 e nelle previsioni per il 2015 raccolte nel Barometro globale dell'Ufi (l'associazione dei principali organizzatori fieristici mondiali e proprietari di quartieri). Dal sondaggio Ufi emerge che il 70-80% delle imprese operanti nelle Americhe, in Asia e Medio Oriente-Africa segnala una crescita del fatturato nel 2014, contro il 60% dell'Europa.
E nel 2015? Il Barometro Ufi rileva che quasi l'80% degli organizzatori americani stima una crescita dei ricavi, contro il 70% di quelli asiatici e addirittura l'88% di quelli mediorientali. In Europa ci si ferma al 55 per cento. Decisamente ottimisti sulla crescita dei mercati esteri sono i tedeschi: per quest'anno gli organizzatori hanno messo in calendario 315 fiere estere (in 35 Paesi), in crescita rispetto ai 306 eventi del 2014 e ai 277 del 2013.
Più complessa la situazione nel nostro Paese: una crisi economica interminabile ha messo fuori gioco i poli espositivi più deboli (ultimi Brixia Fiera di Brescia e Reggio Emilia Fiere) e ha avviato, indirettamente, un processo di concentrazione nei quartieri più competitivi. «È in atto il processo di concentrazione auspicato da tempo - osserva Ettore Riello, presidente riconfermato di Aefi, l'Associazione delle fiere italiane -: non a caso, le fiere tedesche sono meno della metà di quelle italiane. E la crisi ha colpito con più durezza i quartieri che non sono riusciti a sviluppare il business dei servizi collaterali e l'incoming e quelli che non hanno avviato l'internazionalizzazione».
Poi Riello, sostenitore da sempre del ruolo delle fiere come volàno dell'economia, si sofferma sugli investimenti decisi dal Governo. «In tutto sono una trentina di milioni destinati alla promozione del sistema fieristico - ricorda l'imprenditore -: la conferma, grazie anche al viceministro Carlo Calenda, che il Governo concorda nel ritenere il sistema fieristico uno strumento di promozione del made in Italy». E su questi temi verterà la presentazione a Milano, venerdì 6 febbraio, presso l'Agenzia Ice, del «Piano straordinario per il made in Italy - Le fiere per la valorizzazione del sistema Paese».
«Il 2015 può essere l'anno della svolta - interviene Giuliana Ferrofino, presidente del Comitato fiere industria, l'agenzia di Confindustria per le fiere (Cfi) - tenuto conto dell'impegno del Governo a sostenere il made in Italy con importanti investimenti per progetti di intervento su mercati esteri e di rafforzamento delle nostre fiere, con una programmazione che risponda a una logica di sistema o di filiera. Determinante per il successo delle iniziative programmate sarà il coinvolgimento degli organizzatori fieristici e delle associazioni di categoria interessate all'elaborazione delle strategie e alla realizzazione dei progetti, da tenere preferibilmente sotto l'egida di rinomati marchi fieristici italiani».
Cfi valuta positivamente il bilancio 2014 delle fiere internazionali. «C'è stato un positivo assestamento, con interessanti recuperi in termini di espositori e visitatori internazionali - dice Ferrofino -. Le 54 manifestazioni organizzate dagli associati Cfi hanno fatto registrare 39.650 espositori (di cui 15.500 esteri) e 4 milioni di visitatori (di cui 760mila esteri). Importanti gli incrementi delle fiere dell'agroalimentare e del Sistema moda».
Anche l'Osservatorio congiunturale di Aefi (che non comprende Milano) ha segnalato, nel terzo trimestre 2014, un miglioramento sul periodo precedente e anche anno su anno. «I dati sono confortanti - osserva Riello – e lasciano ben sperare, anche in vista di Expo: un'occasione imperdibile. L'auspicio è che la ripresa delle fiere anticipi l'andamento dell'economia reale e che il riordino degli enti locali non penalizzi la realtà di strutture frutto di decenni di lavoro».
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