Economia

Da Venezia a Taranto l'indotto assedia l'Ilva e reclama i pagamenti

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Da Venezia a Taranto l'indotto assedia l'Ilva e reclama i pagamenti

L'Ilva assediata dai fornitori e dalle imprese che attendono da mesi i pagamenti per i lavori effettuati. Dopo Taranto, dove giovedì scorso una colonna di 150 Tir ha invaso con una marcia lenta le statali alle porte della città, oggi è la volta, con proteste analoghe, di Venezia ed Alessandria. Crediti inferiori quelli vantati verso l'Ilva dai trasportatori del Nord rispetto a Taranto - si parla di 6-7 milioni a testa per Venezia ed Alessandra mentre per Taranto il trasporto avanza circa 15 milioni e l'indotto industriale altri 150 - ma comunque indicativi della crisi che vive l'azienda. Stretta tra le casse vuote e le rigide regole dell'amministrazione straordinaria.

Gli emendamenti presentati ieri dai relatori al Senato (Salvatore Tomaselli e Albert Laniece) al decreto legge sull'Ilva non rassicurano l'indotto di Taranto che mantiene la protesta e pensa anche di inasprirla nella prossima settimana se non ci sarà una schiarita. Sta infatti per scadere l'ultimatum che le categorie del trasporto hanno dato all'Ilva e anche Confindustria Taranto è orientata verso la linea dura. «Non bloccheremo lo stabilimento, non lo costringeremo a fermare gli impianti, ma non staremo nemmeno fermi. Potremmo valutare anche la disubbidienza fiscale, non pagando più gli oneri che competono alle imprese», annuncia il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo.
Per l'indotto, gli emendamenti al dl non sciolgono il nodo principale: come e quando saranno pagati i lavori antecedenti l'ingresso dell'azienda nell'amministrazione straordinaria. Insufficienti vengono infatti giudicate le proposte dei relatori circa l'aumento da 24 a 30 milioni del Fondo di garanzia per il credito alle imprese e l'introduzione della prededuzione, ai fini del riconoscimento del credito, per le aziende che hanno effettuato lavori di risanamento ambientale prima del 21 gennaio scorso, data di avvio dell'amministrazione straordinaria.

«Vuol dire - rileva il presidente di Confindustria Taranto - che si tutelano le multinazionali e i grandi gruppi che l'Ilva ha chiamato nei mesi scorsi per il rifacimento degli impianti o per i progetti di copertura dei parchi minerali. Grandi realtà che per il loro spessore possono anche permettersi di sostenere la procedura dell'amministrazione straordinaria. Per noi, invece - sottolinea il presidente di Confindustria Taranto -, non è così. Si introduce poi una discriminazione tra lavori e lavori, tra fornitori e fornitori. Perchè se un'azienda ha effettuato un intervento legato al piano dell'Aia, è tutelata, chi, invece, ha fatto un ripristino meccanico o elettrico o un trasporto - e sono centinaia gli interventi comuni che le imprese svolgono nell'Ilva -, ora non ha nessuna garanzia di vedersi riconoscere il pregresso».

E per un debito di alcune decine di migliaia di euro verso una società veneta, una nave della flotta Ilva, la «Corona Australe», resta ancora sotto sequestro amministrativo nel porto di Ravenna, mentre lunedì a Taranto l'azienda rimetterà in marcia il laminatoio a freddo con 21 turni di lavoro alla settimana. Si confida, infatti, nella revoca della protesta di trasportatori e indotto e quindi nel ripristino dell'afflusso delle materie prime. Ma è una prospettiva sulla quale ora domina più di un'incertezza.

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