«La crisi? Dipende da cosa si intende». Augusto Rollandin, presidente del governo regionale valdostano, non nasconde che le difficoltà dell'economia italiana alla fine si sono estese anche alla Vallée; ma rimarca anche che la situazione rimane comunque decisamente migliore rispetto a quella di molte altre regioni. Il reddito pro capite, secondo le rilevazioni di Findomestic, è il più alto d'Italia ,con 22.316 euro a fronte dei 17.875 della media nazionale. Meglio dell'Emilia Romagna, del Trentino, dell'Alto Adige, della Lombardia. Quanto alla disoccupazione, con un tasso inferiore al 9% resta molto distante dalla media italiana.
«Abbiamo puntato – prosegue Rollandin – sulla tenuta del sistema sociale. Con inevitabili tagli, ma cercando di salvaguardare i più deboli. Abbiamo investito sugli impianti di risalita, garantendo livelli di occupazione nel settore turistico, abbiamo sostenuto le imprese attraverso i Confidi e garantito la formazione». Ma, forse, il fiore all'occhiello è stato lo sconto dell'Irap per le imprese che assumevano a tempo pieno: «Ora tutti parlano del Jobs Act, ma da noi le agevolazioni sono in vigore da tre anni».
Per Luciano Caveri, uno dei maggiori esponenti dell'Uvp ( il principale partito di opposizione), la situazione è però decisamente peggiorata rispetto al passato «e la politica – spiega – non offre risposte adeguate, ferma sulle posizioni conservatrici di quando la Valle d'Aosta era una regione ricca: ora che i soldi mancano, servirebbero idee e non accordicchi sottobanco». Servirebbe, insomma, un cambiamento immediato per affrontare i problemi.
Perché, ad esempio, l'industria valdostana – inevitabilmente caratterizzata da numeri piccoli in una regione con 120mila abitanti – non riesce a decollare e l'indagine congiunturale di Confindustria evidenzia il momento sfavorevole. Investimenti costantemente rinviati, ordini interni in caduta ed export bloccato. Con alcune eccezioni positive, a partire dal successo di Grivel tra gli alpinisti di tutto il mondo. Ma si tratta, appunto, di eccezioni. È anche vero che la produzione è spesso troppo limitata per avere numeri tali da sostenere esportazioni verso Paesi che richiedono quantità di molto superiori a quelle complessive prodotte in Valle d'Aosta.
«Il 99% delle nostre aziende – spiega Monica Pirovano, presidente della Confindustria valdostana – ha dimensioni piccole e piccolissime. Per questo operano soprattutto sul mercato italiano, che continua ad essere troppo debole per assicurare un rilancio». A questo si aggiungono anche problemi strutturali, come l'incapacità di fare squadra, di stipulare accordi di rete. Manca l'abitudine ad investire in prima persona, probabilmente perché si è troppo abituati a contare sugli aiuti e sul sostegno della Regione.
Va meglio per l'unica grande industria della Valle, la Cogne Acciai speciali. Pirovano, che guida anche l'acciaieria, spiega che il 2014 è stato più positivo rispetto all'anno precedente, con l'80% di export e con l'automotive che utilizza sempre di più l'acciaio inossidabile. «Siamo favoriti dall'indebolimento dell'euro nei confronti del dollaro – sottolinea – mentre siamo penalizzati dal calo del prezzo del petrolio, che ha portato a una riduzione degli investimenti per oil & gas, settori su cui puntavamo».
Quanto al turismo, da un lato si sogna una “terza stagione” (tra inverno ed estate) sempre più improbabile. Dall'altro si progettano nuove funivie e piste che rischiano di lasciare un'impronta pesante su alcune fra le vallate più belle dell'arco alpino, con prezzi sempre più alti per l'utilizzo degli impianti. Così si rinuncia a molti sciatori italiani, che non riescono più a permettersi alti costi, e si punta su una clientela estera poco fidelizzata. Ma si finisce per penalizzare, in questo modo, il turismo estivo che vorrebbe proporre passeggiate in ambienti incontaminati e non su piste da sci rinverdite.
Un turismo che, inoltre, deve continuare a fare i conti con la disastrosa situazione dei trasporti. Aeroporto di fatto inutilizzato, ferrovie inadeguate, autostrada esosa. Qualcuno, tuttavia, pensa ad alternative e a un'offerta che vada oltre le piste da sci. Le Terme di Saint Vincent registrano un incremento delle presenze, l'hotellerie de Mascognaz porta l'alta cucina in quota, a Champoluc in estate sarà arricchita da un centro benessere e una sala convegni. Il problema, però, sarà riempire le strutture. Anche se Rollandin ricorda che sono stati aperti due nuovi hotel a 5 stelle.
In questo scenario, la Valle d'Aosta ha avuto anche sfortuna. Era stata infatti prescelta da un gruppo russo per ospitare un grande progetto culturale e diventare un polo formativo europeo. Poi, però, la guerra in Ucraina e le sanzioni europee ed italiane contro Mosca hanno frenato il progetto. «Ma le opportunità a livello internazionale – assicura Daniele Lazzeri, presidente del Centro studi Nodo di Gordio – non mancano. Perché la Valle può contare su un'Università che potrebbe diventare il crocevia delle iniziative culturali e formative di una vasta area, a partire da realtà culturalmente vicine come la Catalogna, le regioni occitane, la Savoia, alcuni cantoni svizzeri, sino alla Bretagna, al Belgio».
Puntando, magari, anche sulla valorizzazione dell'agricoltura e dell'enogastronomia. D'altronde Nicola Rosset, presidente della Chambre Valdotaine, sottolinea come proprio nel comparto dell'agricoltura si sia bloccata l'emorragia di imprese che, invece, è proseguita nel settore delle costruzioni. Un comparto, quest'ultimo, che occupava oltre 7mila addetti, poco meno di quelli del settore turistico e poco più dei lavoratori del commercio e di quelli dell'industria. «Speriamo – prosegue Rosset – che nei prossimi mesi possano arrivare anche da noi quei timidi segnali di ripresa che abbiamo riscontrato a livello nazionale». Nel frattempo la Chambre cerca di sostenere le aziende con varie iniziative, a partire dalla collaborazione con i Confindi per facilitare l'accesso al credito attraverso un investimento di 500mila euro.
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