Economia

La cooperazione agroalimentare cresce, nonostante la crisi

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Il sistema lavora per il 99% materia prima italiana

La cooperazione agroalimentare cresce, nonostante la crisi

La cooperazione agroalimentare sfida la crisi e cresce nonostante il calo dei consumi. A salvare il modello è il forte legame con il territorio, la capacità di valorizzare la materia prima (il 40% della produzione agricola passa attraverso le coop), una forte connotazione nazionale con il 97% dei prodotti agricoli trasformati provenienti dal territorio nazionale (solo l'1% è reperito sui mercati esteri) e una spinta all'export. Un'altra caratteristica è la presenza capillare sul territorio anche se le performance fotografano un andamento a due velocità con un Nord che corre di più grazie a realtà produttive di maggiori dimensioni e un Sud che arranca. È il quadro tracciato dall'annuale rapporto dell'Osservatorio sulla Cooperazione agricola istituito dal ministero delle Politiche agricole e sostenuto da Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, LegacoopAgroalimentare e Unicoop.

Forte radicamento territoriale
Il perseguimento della mission – spiega il rapporto – è confermato dalla quantità di materia prima locale: il 73% dei prodotti infatti viene acquisito nella regione in cui opera la coop, il 26% è nazionale. Un radicamento territoriale che– secondo quanto sostiene lo studio – garantisce prezzi più remunerativi rispetto al mercato. Due gli esempi di coop che assicurano ai propri soci prezzi più alti. Latteria Soresina, una coop del settore lattiero caseario (225 i soci) che nel periodo preso in esame (2007-13) ha pagato agli allevatori il 10% in più rispetto a quanto riconosciuto in Lombardia (394 euro a tonnellata contro 357). Stesso discorso per il vino: Mezzacorona (che rappresenta il 40% della viticoltura trentina) ha pagato il 23% in più per il Pinot grigio rispetto al prezzo in Trentino e il 9% per il Teroldego rotaliano.

Valorizzato il 29% della produzione agricola (15 miliardi)
La cooperazione valorizza il 29% della produzione agricola nazionale pari a circa 15 miliardi su 51 e se si considerano anche i fornitori non soci la quota sale a 19 miliardi (37%). Nel sistema agroalimentare nazionale – rileva lo studio – le performance delle coop sono migliori di quelle delle società di capitali. Il sistema cooperativo fa leva su poco più di 5mila coop, 93.437 addetti e un fatturato di 35 miliardi pari al 23% del giro d'affari complessivo dell'agroalimentare (130 miliardi) con un peso del 13% dell'export.
Il fatturato 2013 ha segnato sull'anno precedente una crescita del 5,8% a fronte del +1,5% del totale alimentare. In un'analisi per un periodo di 4 anni la cooperazione esce vincente dal confronto con le società di capitali sul fronte del fatturato (+15% su 10%), valore aggiunto (15% contro 10%) e retribuzioni (+18% a fronte del 14%).

Imprese a due velocità, deficit di competitività al Sud
Ma ci sono anche dei coni d'ombra legati alla dimensione ancora insufficiente, soprattutto al Sud, a garantire la competitività. Segni negativi infatti per le imprese sotto il fatturato di 2 milioni, mentre i dati in crescita sono direttamente proporzionali all'aumentare della dimensione con il top per le realtà produttive oltre i 50 milioni che mettono a segno +17% del fatturato, +16% del valore aggiunto e +20% delle retribuzioni. «Le adeguate dimensioni – sottolinea il report– sono un fattore nevralgico per garantire migliori performance di impresa». Ed è al Nord che si concentrano i big: 45% delle imprese che realizzano un giro d'affari pari all'82% del totale, il Sud con il 41% di coop si ferma all'11 per cento. Il trend positivo viene confermato anche dai numeri di inizio anno e il presidente dell'Alleanza delle coop agroalimentari, Giorgio Mercuri nel sottolineare la buona tenuta dei principali indicatori macroeconomici ha affermato come sia questo «il grande merito che ha avuto la cooperazione negli ultimi anni, ovvero quello di indirizzare la produzione delle aziende agricole in un'ottica tutta orientata al mercato, nazionale ed estero, valorizzando al massimo i prodotti conferiti dai soci».

Ci sono ancora spazi per crescere e raggiungere i livelli di Francia e Olanda
Ma ci sono spazi per crescere, ha rilevato Ersilia Di Tullio responsabile scientifico dell'Osservatorio: «oggi grazie ai suoi approvvigionamenti di materia prima la cooperazione italiana valorizza il 39% della produzione agricola nazionale. In altri paesi europei, a forte matrice cooperativa, questa quota è superiore, assestandosi al 55% in Francia e al 68% in Olanda». Ma c'è anche un'autocritica fatta dall'interno. Il presidente di Legacoop agroalimentare, Giovanni Luppi, ha invitato tutte le organizzazioni a passare dalle dichiarazioni di intenti ai fatti spingendo alle aggregazioni anche tra coop associate a centrali diverse: «in questi ultimi 4 anni non ho visto un'operazione di fusione».

Martina: spazio agli investimenti anche grazie alla nuova mission di Isa
Il ministro Martina, da parte sua, si è impegnato a sostenere gli investimenti in progetti coop e ha ricordato come nell'ultimo anno le scelte siano andate in questa direzione, dai contratti di filiera (rifinanziati dal Cipe a novembre scorso con 130 milioni) alle reti di impresa fino al nuovo decreto in cantiere per rafforzare le Organizzazioni dei produttori. E anche Isa (la finanziaria dell'agroalimentare che fa capo al Mipaaf) si è schierata al fianco di soggetti forti compiendo così un salto di qualità nella sua mission. E ora Martina ha auspicato che la funzione di Isa si possa ulteriormente rafforzare con un intervento normativo che dovrà passare dal collegato.

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