Economia

Il balzo a sorpresa della Polonia

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Industria

Il balzo a sorpresa della Polonia

IL DILEMMA

Le aziende di più filiere

sono in affanno

a causa della forte

svalutazione del rublo

e della crisi in Ucraina

Un miliardo e 250 milioni “bruciati” in Russia, 930 milioni guadagnati in Polonia. Grazie a Varsavia il bilancio del nostro export nell’est europeo è un poco meno amaro e proprio la “fame” di made in Italy di quell’area aumenta il rammarico per quella che in assenza della crisi avrebbe potuto essere un’altra annata straordinaria per le nostre vendite.

Varsavia supera nell’anno di slancio quota 10 miliardi di acquisti dall’Italia, trainata dai mezzi di trasporto (non le auto) e da uno sviluppo robusto che coinvolge alimentari (+12,6%), tessile-abbigliamento (+9,4%) e macchinari (+8,9%). Si tratta per le nostre vendite nel paese del nuovo record storico, oltre il periodo pre-crisi, livello doppio rispetto a quanto accadeva al momento dell’ingresso della Polonia nell’Unione Europea.

Il “quasi” miliardo aggiuntivo in Polonia tuttavia non basta a compensare la “voragine” aperta verso Mosca, dove il mese di dicembre è stato per la verità meno pesante del previsto, limitando i danni ad un calo annuo dell’11,6%. Il gap 2014 vale 1,25 miliardi di euro, a cui si aggiungono altri 600-700 milioni di riduzione delle vendite nei confronti dell’Ucraina: uno shock da due miliardi che vale circa il 15% del mercato dei due paesi.

Numeri che potrebbero facilmente peggiorare nei primi mesi del 2015, non solo per l’acuirsi delle tensioni tra Mosca e Kiev, ma soprattutto perchè solo adesso si potrà valutare chiaramente l’impatto della svalutazione del rublo sui consumi interni delle famiglie russe e sugli acquisti delle aziende. Il dilemma delle nostre imprese oggi è principalmente quello se “spedire” oppure no. «Abbiamo fermato i camion nel piazzale - ci confessa un manager di un gruppo friulano di design - perché a questo punto abbiamo qualche dubbio sul fatto di essere pagati». «Siamo andati in Ucraina a riprenderci i nostri trattori - racconta l’ad di un colosso della meccanica nazionale - perché il saldo delle fatture era altamente improbabile: lì si è fermato tutto».

Lo shock russo si è abbattuto su più filiere produttive, con danni ingenti sia in termini relativi che in valori assoluti. L’abbigliamento, ad esempio, ha dovuto lasciare sul campo quasi 180 milioni di euro di ricavi, anche se in termini percentuali questo significa rinunciare a poco più del 10% del mercato. Un impatto relativo decisamente più pesante è per l’export di autoveicoli, praticamente dimezzato nel corso del 2014, con 163 milioni di euro di ricavi persi. Cifre analoghe, nell’ordine dei 150 milioni di fatturato mancato rispetto al 2013, si concretizzano anche per il comparto dei macchinari e per le calzature. Comparto, quest’ultimo, in cui sono numerose le aziende che negli ultimi anni avevano pesantemente investito nel mercato russo e che ora si trovano con 15-20 punti di fatturato in meno.

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