Economia

«Processo Eternit mal impostato»

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«Processo Eternit mal impostato»

  • –Jacopo Giliberto

IL DRAMMA

A Casale Monferrato

le vittime sono state 258:

la Suprema Corte

ha annullato le condanne

e i risarcimenti dei danni

Un processo sbagliato fin dalla sua impostazione. Tre mesi dopo il dispositivo della sentenza, ieri la Corte di cassazione ha depositato la motivazione per cui il 19 novembre aveva dichiarato prescritto, annullandolo, il processo Eternit per disastro contro il magnate svizzero Stephan Schmidheiny.

Ieri il Procuratore capo vicario di Torino, Raffaele Guariniello, che ha condotto l’inchiesta smontata dalla Cassazione, ha annunciato che avvierà un processo-bis contestando un reato diverso, omicidio volontario aggravato. Difficile che ottenga molto un secondo processo — bis in idem — contro lo stesso imputato e per lo stesso fatto.

La vicenda in 29 righe. L’Eternit Italiana nacque un secolo fa a Casale Monferrato (Alessandria) per produrre lastre e tubi di amiantocemento. Negli anni ’70 si cominciò a sospettare che l’amianto è cancerogeno, e fu certo ai primi anni ’80. Dal ’76 l’Eternit Italiana fu guidata dalla multinazionale svizzera di Schmidheiny. Nell’86 l’Eternit chiuse Casale e gli stabilimenti secondari di Napoli Bagnoli, Rubiera (Reggio Emilia) e Cavagnolo (Alessandria). L’Italia mise al bando l’amianto nel 1993. L’amianto disperso con noncuranza per decenni dentro e attorno alle fabbriche di lavorazione ha continuato a uccidere centinaia di persone (258 a Casale) e non ha ancora smesso (cova nei polmoni per decenni). Secondo Guariniello i morti recenti sono la continuazione del delitto di allora, e quindi il reato non fu prescritto alla scadenza dei 15 anni. Schmidheiny fu condannato a 16 anni, pena aggravata a 18 anni nella sentenza d’appello (713 pagine) del giugno 2013.

Secondo la Cassazione il reato si è fermato quando, nel giugno ’86, l’Eternit fallì e gli stabilimenti furono chiusi. Nelle 146 pagine la Cassazione dice che l’imputazione di disastro a carico dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny era sbagliata: con 12 anni di pena prevista per l’accusa di disastro, i 15 anni di prescrizione erano passati da molto quando, nel 2009, è stato aperto il processo.

Per la Cassazione, «il Tribunale ha confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del reato» e quindi «la consumazione del reato di disastro non può considerarsi protratta oltre il momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri». Quindi processo sbagliato, condanna sbagliata, e annullati anche i risarcimenti alle vittime (gran parte dei quali ha già transato un risarcimento diretto con il gruppo svizzero Schmidheiny).

I commenti di ieri non puntano il dito sull’errore di impostazione del processo. «Emerge l’urgenza di una legge sugli ecoreati», afferma il presidente della commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci. Sulla stessa linea il senatore Pd Stefano Vaccari e Ignazio Messina di Idv. «Non basta allungare i termini della prescrizione ma bisogna legarla agli effetti del reato», dicono i parlamentari M5S. «Nel nostro Paese esiste una vera e propria licenza di uccidere», sostiene Paolo Carcassi, segretario confederale Uil. «Una logica giuridica che andava bene 80 anni fa», sostiene Bruno Pesce, portavoce delle vittime dell’amianto.

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LA VICENDA

Un secolo di storia

L’Eternit Italiana nacque un secolo fa a Casale Monferrato (Alessandria) per produrre lastre e tubi di amiantocemento

I sospetti sulla pericolosità dell’amianto nacquero negli anni 70 e negli anni 80 trovarono conferma

L’inchiesta e il successivo processo hanno preso in considerazione circa 3mila vittime, tra morti e persone ammalate, 1.800 solo a Casale