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Stampanti 3d, un treno da non perdere per le Pmi

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I CASI

Stampanti 3d, un treno da non perdere per le Pmi

«Quanti? Si fa in fretta, sono il 100%». Per Tiziano Barea in effetti la scelta è stata netta e oggi tutti i prototipi realizzati dall’impresa che guida, la Btsr di Olgiate Olona, sono realizzati con la tecnologia della stampa 3D. Dieci anni fa, quando l’azienda produttrice di sensori e sistemi di controllo per lo scorrimento del filo decise di introdurre per la prima volta questa tecnologia, si trattava di una svolta pionieristica. Oggi non è più esattamente così, anche se l’Italia per non perdere anche questo “treno” deve certamente accelerare il passo, soprattutto dal lato della produzione.

La manifattura additiva si sta progressivamente ponendo in una moltitudine di settori come un’alternativa percorribile per realizzare prototipi o anche micro-produzioni, con il vantaggio indubbio di ridurre il gap temporale tra l’idea e la sua realizzazione, migliorando inoltre e semplificando il rapporto con i clienti.

Analizzando una trentina di settori, Prometeia stima in 16 miliardi il fatturato annuo aggiuntivo che le Pmi italiane potrebbero avere grazie alla stampa 3D, con benefici maggiori per gioielleria e ingranaggi/trasmissioni, dove i ricavi medi potrebbero persino raddoppiare.

«Al di là delle cifre - spiega Luca Mari direttore di Smart-Up, laboratorio di fabbricazione digitale della Liuc di Castellanza - è chiaro che si tratta di una grandissima opportunità anche per le nostre Pmi, una sorta di amplificatore della creatività. Dal lato della produzione l’Italia è ancora ai primi passi mentre dal lato degli utenti qualcosa in effetti si muove».

Il caso Btsr è emblematico. Più di 100 addetti, 20 milioni di ricavi (nuovo massimo storico), un export diretto che sfiora l’80%, l’azienda grazie al 3D ha abbattuto del 40% i tempi di presentazione di un prodotto sul mercato migliorando anche il potere negoziale verso i clienti. Macchinari sofisticati, nell’ordine dei 200mila euro di investimento per ciascuna unità, in grado di sparare gocce di resina di dimensioni micrometriche per poi essere polimerizzate attraverso un processo che utilizza la luce ultravioletta. «In questo modo, grazie alla stampa 3D - spiega Barea - possiamo valutare al meglio design, ergonomia e funzionalità dei prodotti: il rendering attraverso il computer ha una sua efficacia ma il prodotto fisico ha tutto un altro appeal».

Se ne è accorta, e qui passiamo al lato dei (pochi) produttori, la piccola FABtotum, start-up avviata a fine 2013 e già capace di inquadrare per fine anno il target di tre milioni di ricavi. «La nostra produzione è satura - spiega uno dei fondatori, il 29enne Marco Rizzuto - e anzi abbiamo liste d’attesa di 3-4 mesi. Entro fine anno è già previsto però un raddoppio del personale e un ampliamento della capacità produttiva».

Il prodotto di FABtotum, un cubo di 36 centimetri di lato, appena 12 chili di peso, concentra in uno spazio ridotto le funzioni di scanner, stampa 3D e lavorazioni “a sottrazione”, con clienti in origine concentrati nel segmento consumer e progressivamente allargati al target professionale. «Il nostro prodotto è acquistato da hobbysti - spiega Rizzuto - ma anche da studi di design e di engineering, oppure da aziende di vari settori, tra cui il biomedicale». Lo scorso anno i pezzi venduti sono stati 1200 (ciascuno a 999 euro), con una previsione attuale di più che raddoppiare l’output anche grazie all’ingresso di nuovi soci finanziatori. «In ricerca oggi abbiamo sette persone - spiega - ma è chiaro che per il salto di qualità servono dimensioni maggiori, investimenti aggiuntivi in tecnologia e attrezzature, oltre naturalmente ad un allargamento del personale, con l’idea di raddoppiare progressivamente il perimetro per arrivare ad una trentina di unità: l’idea è poter produrre 350 stampanti al mese».

Business in cui l’Italia può vantare appena una manciata di produttori, quasi tutti di piccole dimensioni, e che tuttavia andrebbe presidiato con attenzione visti gli sviluppi stimati a breve. Quest’anno (dati Gartner) le consegne mondiali di stampanti 3D sfioreranno le 220mila unità, esattamente il doppio dell’anno precedente, con un raddoppio costante nei prossimi anni che a fine 2018 porterà l’output globale a quota 2,3 milioni con un giro d’affari di oltre 13 miliardi di dollari.

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