Economia

Reggio Emilia, la crescita passa da territorio e Tav

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Lavoro

Reggio Emilia, la crescita passa da territorio e Tav

  • –Roberto Iotti

LE CRITICITÀ

Gli indicatori sono superiori

alla media nazionale

ma il commercio ha perso

il 35% delle aziende

e l’edilizia è ancora alle corde

REGGIO EMILIA

Non è un progetto ma un modo di concepire il futuro a medio e lungo termine. Si chiama Area Vasta la visione che potrebbe ridisegnare lo sviluppo economico di Reggio Emilia, provincia che occupa il nono posto in Italia per tasso di occupazione, dove il valore aggiunto procapite è superiore del 15% alla media nazionale e dove l’export rappresenta ben il 57% del valore aggiunto rispetto al 25% dell’Italia. In questa terra, da sempre considerata un po’ troppo “contadina” dalle confinanti Parma e Modena, ogni dieci abitanti c’è un’impresa. Con una solida vocazione manifatturiera, nata con la meccanica agricola, oggi eccelle con l’hi-tech della meccatronica.

Ed è da questa provincia che vengono i due opposti concettuali, come Peppone e Don Camillo di Guareschi: Fabio Storchi presidente di Federmeccanica e Maurizio Landini, segretario della Fiom. Nel 2013, in piena recessione, Reggio Emilia ha toccato il record nelle esportazioni (8,6 miliardi), cifra confermata nel 2014, mentre per quattro trimestri consecutivi la produzione industriale è cresciuta più della media nazionale (+1,4% l’indice generale, +2,3% la metalmeccanica).

Internazionalizzazione e innovazione sono alla base della risposta delle imprese all’attacco di crisi e recessione. La solidità del sistema produttivo – oltre 50mila imprese, la maggioranza sono famigliari, piccole e medie – unita alla solidità delle banche locali (Credito Emiliano e Popolare dell’Emilia) hanno poi fatto il resto.

Certo, non tutto funziona al meglio. Il commercio ha lasciato sul terreno più del 35% del proprio valore, il numero delle chiusure è enorme. L’edilizia – governata in massima parte dalle coop e dalle micro imprese – è ancora alle corde. Dall’inizio della crisi sono 285 le imprese che hanno avviato procedure di mobilità per 4.884 dipendenti. Ma, aggiunge la Cgil, il 51% delle aziende interessate all’uso degli ammortizzatori sociali, ha ripreso la normale attività lavorativa.

«Siamo sulla strada giusta», dice Mauro Severi, presidente di Unindustria. «Ma le imprese hanno ancora altri nodi da sciogliere. La crisi ci ha posto nella condizione di ripensare i modelli organizzativi aziendali, di rafforzare l’innovazione e l’internazionalizzazione. Però dobbiamo recuperare ancora sul terreno della produttività, della formazione. Se in questi anni le aziende della provincia non avessero innovato e puntato con forza sull’estero, probabilmente avremmo perso la sfida».

«Dal nostro punto di vista – aggiunge Margherita Salvioli, segretario generale Cisl – quello che è mancato è stato un progetto complessivo, omogeneo, per sostenere la ripresa e nel contempo affrontare la recessione. Innovazione e internazionalizzazione sono state certamente utili, ma forse ha prevalso il vecchio senso di autoreferenzialità e imprese, associazioni di categoria, istituzioni sono andate un po’ per loro conto».

«Noi – spiega Severi – abbiamo un concetto semplice: l’attenzione si focalizza sull’impresa, non sull’imprenditore. Perché impresa vuol dire maestranze, creare valore per il territorio, per i fornitori. In piena crisi non pochi imprenditori hanno dato garanzie personali alle banche per proseguire l’attività o investire nei processi produttivi. La politica industriale del Dopoguerra ha favorito la nascita di questo tessuto vitale di imprese. Dobbiamo ripartire con quello spirito di voler ricostruire».

Il catalizzatore di questo spirito ora si chiama Area Vasta. L’apertura della stazione dell’alta velocità ferroviara Medio Padana ha posto Reggio Emilia al centro di un bacino geografico che valica i confini della provincia e sposta il baricentro verso la Lombardia, quindi verso gli accessi per il nord Europa. In più o meno di un’ora di treno, oggi Mantova, Cremona e Verona sono in comunicazione con Reggio. Inoltre Piacenza, Parma e Modena gravitano sulla stazione Medio Padana per i collegamenti ferroviari veloci. La stazione Tav – progetto fortemente sostenuto dagli imprenditori reggiani – ha messo in movimento una serie di altre leve non soltanto economiche: «Solo il fatto di avere i poli universitari più facilmente collegati – spiega Stefano Landi, presidente della Camera di commercio reggiana – significa poter rispondere al meglio alla domanda di spostamento degli studenti, aiuta la circolazione delle idee, della ricerca. Attira altre persone sul territorio».

L’Area Vasta sarà un grande bacino dell’industria manifatturiera, con poli universitari e collegamenti con i mercati europei. Il settore ceramico e metalmeccanico hanno più potenzialità sui confini modenesi; l’agroalimentare invece guarda a Parma e Piacenza. «Condividiamo la visione – dice il segretario Cisl – ma non deve essere un progetto che ingloba. Va rispettato il territorio con le sue specificità».

«Quando partimmo con il progetto Tav, ben pochi ci credevano. In fin dei conti – dice ancora il presidente Severi – Medio Padana non è un nome, ma l’espressione di un concetto di crescita territoriale, culturale ed economico».

roberto.iotti@ilsole24ore.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Quarta di una serie di puntate

Le puntate precedenti sono state pubblicate il 6,7 e 10 marzo

Le componenti del manifatturiero reggiano

(*) solo imprese esportatrici Fonte: Indagine congiunturale sistema camerale