La crisi colpisce in profondità e alimenta l’effetto domino nel sistema fieristico. Dopo Reggio Emilia e Brescia questa volta è il turno di Fiera Roma: lo scorso 23 febbraio ha chiesto al tribunale fallimentare l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale. L’istanza è stata presentata dall’amministratore unico Mauro Mannocchi.
Con l’istanza di “concordato in bianco” (decreto 83 del 2012) scatta la protezione sul patrimonio del debitore che lo pone al riparo dalle esecuzioni dei fornitori. Il piano industriale di rilancio può essere fornito nei sei mesi successivi. Fiera Roma è controllata dalla holding Investimenti, che ha come azionisti la CdC di Roma (58,5%), il Comune di Roma (21,7%), la Regione Lazio (9,8%). La holding ha finora ripianato gran parte delle perdite del polo fieristico, fino ad accumulare nel bilancio 2013 un debito verso banche e obbligazionisti di 187 milioni, in parte derivante dalla realizzazione della nuova Fiera di Roma. Negli esercizi 2012/13 Investimenti ha perso 49 milioni e lo scorso gennaio al vertice di Investimenti si è insediato l’ad Carlo Paris.
La storia di Fiera Roma degli ultimi anni è una via crucis: nel periodo 2007/13 i ricavi sono precipitati da 27,6 milioni a 10,9 milioni e le perdite cumulate sono circa 80 milioni. Cos’è successo? Gli incolpevoli Paris e Mannocchi preferiscono il silenzio. Però nell’ultimo bilancio è scritto che la crisi di Fiera Roma «non dipende dall’affitto (calato da 12,5 milioni a 8 ndr) ma da cause diverse che l’amministratore unico sta attentamente valutando». Uno dei motivi di fragilità di Fiera Roma sta nella strategia “consumer”, molto più esposta al ciclo economico. Fiere come Bologna, Verona, Rimini e Parma si sono difese meglio investendo su eventi di tipo business. La scorsa estate il collegio sindacale di Fiera Roma ha espresso parere negativo sul bilancio 2013, non essendoci le garanzie di continuità aziendale della holding Investimenti che aveva in corso una trattativa con Unicredit per ridefinire le scadenze di un mutuo, poi chiusa il 29 settembre. Investimenti spera di ripagare i debiti con la vendita dell’ex polo fieristico di via Cristoforo Colombo, valutato in 200 milioni, ma vincolato al via del Comune di Roma al Progetto di trasformazione. In attesa di quest’ultimo, nel 2013 è stato varato un piano industriale Fiera Roma 2014/17 che già nel primo anno avrebbe dovuto garantire il pareggio operativo. Probabilmente l’obiettivo non è stato raggiunto se a febbraio è stata presentata l’istanza di concordato e decisa la mobilità per 22 addetti su 70.
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