Economia

L'industria entra nel futuro

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Il progetto «Fabbrica 4.0»

L'industria entra nel futuro

Cloud, entertprise mobility, device, app, reti ultraveloci, sicurezza biometrica…. Quasi un “linguaggio arabo” per la maggior parte dei piccoli e medi imprenditori della manifattura italiana. Legati imprescindibilmente – ma anacronisticamente - al “reale”, al prodotto che si tocca con mano, faticano a capire che la loro impresa può crescere anche attraverso strumenti digitali, diversi dalla quantità o dalla qualità della loro produzione. Eppur è un passo da compiere, il tempo perso è tantissimo e il gap con il resto d'Europa e del mondo si sta facendo sentire prepotentemente.

È vero che la crisi ha rimesso al centro delle politiche economiche la manifattura come motore dello sviluppo economico - l'Industrial Compact, il documento cardine della politica industriale dell'Unione europea di qui al 2020, si pone l'obiettivo ambizioso di accompagnare il manifatturiero a generare il 20% del Pil entro il 2020, rispetto all'attuale 15% - , ma è anche vero che se non c'è forte integrazione tra manifattura e servizi innovativi, digitale, terziario avanzato, non c'è un'industria moderna e in crescita. «Oggi è in corso la quarta rivoluzione industriale - dice Gianni Potti, presidente del Comitato territoriale di Confindustria Servizi Innovativi - ovvero la trasformazione digitale, i cambiamenti tecnologici associati a all'innovazione in tutti i campi della società e dell'economia.

In questa evoluzione gli oggetti fisici sono perfettamente integrati nella rete delle informazioni; internet si combinerà semre più con le macchine intelligenti; i processi produttivi si stanno trasformando in un enorme sistema di informazioni. I nostalgici sono serviti, ormai non si torna più indietro». Nell'ottica del procedere sempre in avanti, e velocemente, va il progetto di Confindustria Servizi Innovativi chiamato Fabbrica 4.0. Un piano per trasformare il manifatturiero italiano in additivo e digitale con processi di re-ingegnerizzazione da un lato e con un logica di sharing-economy dall'altro. Significa che le imprese, capitanate da Confindustria in primis ma anche da numerosi altri attori sul territorio, dovranno ragionare sempre più in termini di condivisione e interazione di processo, dovranno aprirsi ai processi robotizzati (dal 2004 ad oggi gli smart robot e le nuove macchine intelligenti sono raddoppiati, con Ungheria e Cechia in testa), conoscere i big data (a Expo 2015 nascerà la prima piattaforma italiana di open data), orientarsi verso efficienza energetica e decentramento.

Alla base di questo procedimento ci deve essere la sinergia tra manifattura e servizi innovativi, il comparto dei Kibs (Knowledge intensive business services) composto in Italia da 800mila tra grandi, medie, piccole e micro imprese, 2,1 milioni di addetti, con fatturati attorno ai 255 miliardi di euro e 110 miliardi di valore aggiunto, circa l'8% del Pil nazionale (dati 2014). È una realtà trasversale che comprende aziende dell'Ict (software, cloud, outsourcing), dei servizi di progettazione e impiantistica, studi di ingegneria e consulenza, di comunicazione e marketing, società di servizi finanziari e per il credito, imprese della cultura, del gioco e intrattenimento e della formazione, che, nel contesto di timida ripresa in atto nel Paese, può giocare un ruolo di primaria importanza.

«Il nostro settore può trasformare la manifattura italiana nella Fabbrica 4.0 - continua Potti -, renderla cioè sempre più digitale e quindi competitiva. Oggi l'apporto dei servizi all'interno del manifatturiero è del 40% del valore aggiunto; c'è ampio spazio di crescita. Ed è una battaglia di valore per il nostro paese». Primo atto di questa trasformazione è stato i l road show partito circa un anno fa che Confindustria Servizi Innovativi ha effettuato in Italia (si veda scheda), che si concluderà a metà giugno a Roma. Sempre nella capitale è in programma per il 4 giugno un incontro all'ambasciata tedesca con alcuni rappresenanti del think tank che in Germania è stato creato sugli investimenti digitali; una ghiotta occasione di confronto progettuale e di sinergia tra i due Paesi.

«Il potere di trasformazione dei servizi innovativi, insieme alla forte struttura industriale e alla creatività italiana, costituisce una base indispensabile per ripartire - aggiunge Ennio Lucarelli, presidente di Confindustria Servizi innovativi e tecnologici -. Ma serve uno Stato più dinamico, infrastrutture digitali di ultima generazione allo stesso livello dei Paesi nostri principali concorrenti e riforme strutturali che eliminino tutti i freni accumulati dall'Italia negli ultimi decenni in tema di concorrenza, procedure burocratiche, premialità del merito delle persone, internazionalizzazione del sistema scolastico e universitario, finanza alle imprese».

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