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A Nordest 67 Pmi pronte per la Borsa: ecco chi sono provincia per provincia

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A Nordest 67 Pmi pronte per la Borsa: ecco chi sono provincia per provincia

Sono ben 67 le piccole e medie imprese del Nordest “appetibili” per il mercato dei capitali. Un numero consistente di aziende che hanno tutti i requisiti per debuttare in Borsa, dalla solidità patrimoniale al livello di innovazione. La stima, con mappatura per regione e nomi delle società, è stata effettuata dall’ufficio studi di Tamburi Investiment Partners – su dati DB Geo (Geographic Database for Equity Origination) - e promossa dal quotidiano online VeneziePost, in occasione dell’evento Festival città Impresa che si sta svolgendo a Vicenza.

L’elenco cita società con ricavi superiori a 70 milioni di euro – Acciaierie Venete, Cavit, Inglass, Lafert, Limacorporate, Rivit, Santa Margherita, tra le altre -, ma anche aziende con fatturati inferiori, reputate interessanti per un eventuale ingresso nel listino borsistico. La mappatura include anche tutte le società appartenenti al progetto Elite, il programma di Borsa Italiana che prevede un servizio di accompagnamento delle Pmi verso la quotazione. «La crisi è alle spalle – dice Giovanni Tamburi, presidente e amministratore delegato di Tip -. Le aziende stanno lentamente cambiando atteggiamento nei confronti della Borsa, anche se resiste una certa paura ad essere troppo controllati. Ma oggi entrare nel mercato dei capitali è certamente il modo più efficace per crescere e consolidarsi; non è il primo passo per vendere l’azienda, anzi, è l’unico modo per non venderla».

Le province che presentano il maggior numero di “papabili” per la Borsa sono Treviso, con 17 nominativi tra cui Came Group, Il Gufo, Pro-Gest, Texa; la provincia di Verona, con 15 imprese, tra cui spiccano in nomi di Bauli, Calzedonia, Ima Forni, Masi agricola, Vicenzi; seguono Vicenza con 11 (tra le altre Fiamm, Forgital, Gruppo Mastrotto, Rigoni di Asiago e Diesel), Padova con 10 nominativi (Carel, Gimi, Lago, Tapì), Venezia con 9 società (Arredo 3, Gruppo Pam), Udine e Trento con 5 ciascuna, Pordenone con 3, Bolzano con 2 e Gorizia con un nominativo. «Alcune di queste imprese sono già in trattativa per l’ingresso nel listino», aggiunge Tamburi.

Confermano un, seppur parziale, cambio di mentalità da parte degli imprenditori nordestini anche Paolo Gubitta (Cuoa e Università di Padova) – «le imprese sono bloccate dalla scarsa propensione ad aprire i processi di governance ma stanno lentamente superando i vecchi retaggi dell’isolamento familiare, perché la crisi ha fatto pulizia selezionando la specie più adatta» – e Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Veneto, il quale ribadisce anche «la necessità di fare rete, di nuovi collegamenti in una regione metropolitana che ha bisogno ed è in grado di attrarre investimenti».

Resta il gap della managerializzazione aziendale confrontata con le medie europee: l’80% delle aziende italiane è a conduzione familiare ma solo il 30% di queste ha introdotto manager nella compagine governativa. In Germania, ad esempio, quasi tutte le imprese familiari (l’82% del totale) hanno aperto le cariche societarie a manager esterni. «In Italia si deve fare ancora molto – aggiunge Alberto Baban, presidente della Piccola industria di Confindustria –, ma l’Italia proprio per questo è un paese molto interessante per le potenzialità di crescita e cambiamento. Come Piccola di Confindustria abbiamo chiesto e ottenuto che il Governo riconoscesse una nuova “platea” di imprese che possano beneficiare di riduzioni dal 26 al 32% di credito d’imposta e altri incentivi grazie al loro grado di innovazione, indipendentemente dalla dimensione (avere un certo numero di laureati, investire in R&S almeno il 3% del fatturato, avere almeno un brevetto, ndr); un riconoscimento formale di impresa innovativa che sarà sancito in parlamento con l’Investiment Compact». Una agevolazione che premierebbe un panel potenziale di almeno 20mila imprese in Italia.

«Ora puntiamo ad un altro obiettivo – anticipa Baban -. Con il ministero dell’Economia e quello dello Sviluppo economico stiamo studiando un modello di fusione adottabile dalle imprese che vogliano percorrere questa strada, che abbia un piano di agevolazioni sulla capitalizzazione: il modello prevede uno sconto fiscale sulla capitalizzazione che si crea una volta fatta la fusione societaria e un percorso più agile verso l’integrazione». Un “premio” per incentivare fusioni e aggregazioni, nell’ottica della crescita e del consolidamento sempre più corposo delle Pmi.

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