
La metà. E non si tratta di spiccioli, perché tra Milano e Trezzo sull’Adda la distanza è di ben 30mila euro a capannone. Limitarsi a leggere le medie dei Comuni dell’area milanese sarebbe in parte fuorviante, perché il ventaglio di scelte delle singole amministrazioni in tema di fiscalità locale è davvero ampio. L’analisi di Assolombarda, arrivata alla terza edizione, sistematizza i dati per 86 comuni dell’area milanese e delle province di Monza-Brianza e Lodi, monitorando gli oneri che gravano sui luoghi destinati alle attività produttive, cioè capannoni e uffici, ipotizzando due formule standard rispettivamente da 5mila e 500 metri quadri. Attività su cui gravano Imu, Tasi, Tari e oneri di urbanizzazione, con scelte quanto mai diverse da parte dei singoli Comuni sia nei valori assoluti che nei trend.
A livello globale, tuttavia, il quadro per chi produce è progressivamente peggiorato, con aumenti medi 2014 del 2,9% per i capannoni industriali e del 3,5% per gli uffici, ovviamente ben oltre il tasso medio d’inflazione, lo scorso anno praticamente nullo.
Considerando l’intero triennio della rilevazione per gli uffici il “conto” è salito di 500 euro all’anno, il 7,8% in più, mentre per ciascun capannone le imprese devono sborsare 3200 euro aggiuntivi (+8,8%) rispetto a quanto accadeva nel 2012. Aumenti che nel 2014 paiono legati soprattutto all’inserimento della Tasi (+1. 696 euro all’anno tra uffici e capannoni) mentre Imu e tassa sui rifiuti restano sostanzialmente stabili.
Scelte non omogenee - come detto - perché complessivamente a fronte di 54 comuni che aumentano gli oneri per le imprese sui capannoni ve ne sono altri 24 che imboccano la direzione opposta.
Le distanze assolute restano comunque abissali, con il capoluogo al primo posto per quasi tutte le variabili, confermando così il “primato” nella classifica generale.
Per chi gestisce un capannone a Milano i tributi globali (escludendo oneri di urbanizzazione e addizionale Irpef) superano i 60mila euro all’anno mentre all’estremo opposto, a Trezzo sull’Adda, si scende poco oltre quota 30mila.
Estremi confermati anche per gli uffici, gravati da oltre 16mila euro di oneri a Milano, importo che si abbatte a meno di un terzo per Trezzo sull’Adda.
Nell’ipotesi (rara di questi tempi e forse guardando i numeri si capisce anche perché) di voler costruire un nuovo capannone, Milano svetta ancora una volta ai vertici, imponendo in media imposte per oltre 700 mila euro, in gran parte legate ad oneri di urbanizzazione.
Spostarsi di pochi chilometri sarebbe sufficiente per dimezzare l’importo ma chi volesse risparmiare davvero potrebbe sfruttare le tariffe low-cost della “bassa”, a Casalpusterlengo, dove l’amministrazione si accontenta di poco più di 50mila euro.
Non mancano, come detto, le scelte virtuose, con alcuni comuni che migliorano anche di dieci posizioni la propria classifica. È il caso di Bareggio, sceso dal 60esimo al 71esimo posto grazie ad una riduzione globale dei tributi sui capannoni superiore al 10%.
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