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La corsa alle candidature parte senza gli «arancioni»

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La corsa alle candidature parte senza gli «arancioni»

MILANO

La rinuncia di Giuliano Pisapia alla candidatura per il secondo mandato ha aperto prematuramente la corsa ai nomi per le amministrative milanesi del 2016, sia nel centrosinistra che nel centrodestra.

In casa degli attuali amministratori, il centrosinistra, i più gettonati sono l’ex candidato alle regionali lombarde per il centrosinitra, Umberto Ambrosoli, figlio del più noto Giorgio; il deputato pd Emanuele Fiano; l’attuale assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino. Tra i consiglieri di Pisapia c’è pure chi suggerisce il ministro all’Agricoltura Maurizio Martina che in Lombardia ha già ricoperto il ruolo di segretario regionale dei democratici.

Ognuno di loro ha un punto favorevole: la conoscenza di Palazzo Marino nel caso di Majorino, già dai tempi in cui era consigliere comunale; la capacità di dialogare con possibili liste civiche non necessariamente di sinistra nel caso di Ambrosoli; l’esperienza politica nazionale per quanto riguarda Fiano; una certa conoscenza dei partiti e una forte capacità diplomatica, per quanto riguarda Martina. Oggi, però, c’è una variabile nuova rispetto al 2010: il Pd - e il governo - è sotto il controllo di Matteo Renzi, e non c’è dubbio che il premier voglia dire la sua per la candidatura ad una delle città più importanti del paese, capoluogo della regione dove si produce il 20% del Pil nazionale. Se anche ci saranno di nuovo le primarie, un candidato almeno dovrà avere la “benedizione” di Renzi.

Va pure detto che nessuno di questi candidati ha, a Milano, la stessa forza evocativa di Pisapia, che prima ancora di essere un candidato, ha rappresentato un vero e proprio “marchio”: avvocato rinomato, con un curriculum ricco di esperienze simboliche per la sinistra (vedi il caso Giuliani, di cui era difensore), ha saputo parlare tanto ai giovani dei centri sociali quanto alla borghesia milanese. La sua stessa attività politica rappresenta un inedito punto di equilibrio fra due mondi. Basti pensare che è stato deputato di Rifondazione comunista, ma come indipendente, ricoprendo il ruolo di presidente della commissione giustizia. Ruolo da cui ha sempre fatto valere la sua vocazione garantista, tanto che anche da sindaco ha spesso preso le distanze da movimenti giustizialisti, parlando anche della necessità di limitare l’uso delle intercettazioni. Poi però, da uomo progressista, lo abbiamo visto difendere con orgoglio e senza ambiguità i diritti dei gay. Il movimento arancione, quello che lo ha fatto vincere nel 2010, senza di lui è praticamente finito. Gli era stato cucito addosso, e oggi ha praticamente esaurito la sua missione. Quindi palla al centro, si torna ai partiti.

Pure il centrodestra si agita: Matteo Salvini prima si era candidato, poi ha detto di volersi dedicare alla politica nazionale, e ora tornerebbe in pista. Maurizio Lupi dovrebbe essere congelato dai recenti fatti di cronaca giudiziaria. Circola qualche altro nome, ma la verità è che per ora il centrodestra a Milano non ha neppure una coalizione, figuriamoci un candidato. In questo momento in città il centrosinistra ha numeri assicurati per la vittoria. Ma in un anno possono accadere molte cose.

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