Economia

All’estero l’ortofrutta perde quote

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Regole e incentivi

All’estero l’ortofrutta perde quote

  • –Massimo Agostini

Il peso del comparto

Il settore garantisce

un fatturato di 12-13 miliardi l’anno, ma è penalizzato

da burocrazia, concorrenza

e costi troppo alti

Produrre frutta e verdura, nel complesso, in Italia conviene ancora. Non fosse altro perché il settore garantisce un fatturato di 12-13 miliardi l’anno, circa un quarto della produzione agricola nazionale, di cui oltre 4 miliardi realizzati all’estero. Ma il prezzo pagato da quasi mezzo milione di aziende ortofrutticole è salatissimo. E il sistema continua a perdere colpi, schiacciato dal peso di merce in arrivo da tutto il mondo (più spesso da paesi limitrofi) a costi nettamente più bassi.

La gara è persa in partenza. Il costo del lavoro per un’impresa agricola italiana si aggira sui 13,7 euro l’ora, nella vicina Spagna 9,4; l’autotrasporto da noi richiede in media 1,6 euro al chilometro, da loro 1,2. Per esportare via nave un container di frutta, dall’Italia servono mediamente 19 giorni, dai porti del paese iberico 10, dall’Olanda 7. Per non parlare dei prezzi dell’energia. Quella per uso industriale nel nostro Paese costa 0,18 euro/Kwh: in Europa la bolletta è più salata solo a Cipro e in Danimarca. E poi la burocrazia asfissiante. Un’Organizzazione di produttori (Op), solo per rispettare gli adempimenti in materia di controlli deve dedicare il 70% del proprio tempo: 172 giornate lavorative, su una media totale di 252 l’anno.

Cita anche questi esempi impietosi il primo rapporto Nomisma-Unaproa sulla competitività del settore ortofrutticolo nazionale, che sarà presentato martedì a Roma. Lo studio evidenzia i gap strutturali accumulati dal nostro sistema negli ultimi dieci anni, durante i quali anche prodotti di punta, come kiwi, pesche e nettarine e uva da tavola, hanno continuato a perdere quote sui mercati esteri. «Nel 2004 – osserva Denis Pantini, direttore dell’Area agroalimentare di Nomisma – la quota dell’Italia sull’export mondiale di ortofrutta era pari al 5,4%, nel 2014 l’incidenza è scesa al 3,8%, appena un terzo di quella della Spagna, che è al 10,3%». «Il settore continua ad avere una valenza straordinaria – aggiunge Ambrogio De Ponti, presidente di Unaproa (Unione dei produttori da circa due miliardi di euro) – ma la soluzione delle sue criticità non possiamo demandarla ad altri. E per superare il gap dobbiamo operare, oltre che sui costi, sull’armonizzazione delle norme fitosanitarie e dei controlli che ingessano le imprese». Già, ma con quali strumenti? Il rapporto ricorda che la via maestra è quella indicata dall’Unione europea nel quadro della Politica agricola comune. Che passa per una maggiore aggregazione e concentrazione dell’offerta. «Dobbiamo rimettere al centro la crescita delle Op – conferma Paolo De Castro dal Parlamento Ue –. Se non siamo cresciuti come altri paesi è perché loro hanno coniugato qualità e sistema organizzato». In Italia è ancora fragile, soprattutto al Sud.

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