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Dossier Expo e Palazzo Italia, i ritardi e le accuse a un mese dal via

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Dossier | N. (none) articoliSpeciale Expo 2015

Expo e Palazzo Italia, i ritardi e le accuse a un mese dal via

Una struttura non completa, che non rispetta i diritti d'autore e che per di più rischia di dover fare a meno degli ultimi due piani (senza contare la crescita esponenziale degli extra costi dovuti alle continue varianti). È la denuncia dei progettisti del Padiglione e del Palazzo Italia di Expo, che ad un mese dall'inizio della manifestazione puntano il dito contro i ritardi della politica e l'eccesso di burocrazia, causa, secondo loro, della regolare costruzione dell'edificio simbolo dell'Italia durante l'evento universale.

Nel sito espositivo di Rho si cominciano a tirare le somme. I problemi del Palazzo Italia sono due: il mancato completamento delle finiture interne alla struttura (su cui si sta discutendo in queste ore); il rischio che gli ultimi due piani - il quarto e la terrazza del quinto - non siano subito disponibili per il primo maggio. Si tratterebbe perlopiù di aree dedicate alla ristorazione, non spazi espositivi.
I progettisti chiedono che l'opera possa avere il rivestimento bianco fino al terzo piano anche nell'ampia parte interna all'edificio, quello che si affaccia sulla piazza e la cascata; secondo la società Metropolitana milanese, che sta facendo da supporto alla direzione dei lavori da pochi mesi (chiamata in emergenza dopo le inchieste giudiziarie sull'ex Rup Antonio Acerbo), ci si può fermare al primo piano, senza nuocere al progetto, e poi valutare di riprendere i lavori dopo l'Expo.

Secondo Michele Molè, architetto dello studio Nemesi che si è aggiudicato la progettazione, «l'opera senza il rivestimento completo non corrisponde più al progetto iniziale, e pertanto saremmo pronti a disconoscerlo. Questo aggiustamento lo chiamano impropriamente Fase 2, ma noi faremo valere il diritto d'autore». Molè punta il dito contro i ritardi della politica e la decisione unilaterale di Mm di ridurre le finiture, che snaturerebbero il disegno iniziale. In effetti di tempo, in passato, se n'è perso in abbondanza: l'Expo è stato vinto da Milano nel 2008. Il concorso di idee per il Padiglione Italia, vinto dallo studio romano Nemesi, è stato bandito nell'aprile 2013 e la gara per il progetto nell'ottobre 2013. La prima pietra del Padiglione Italia è stata infine posata nel marzo 2014. Di questo ne sono consapevoli anche i vertici di Mm, che ribadiscono però che ad oggi «la valutazione realistica impone di rinunciare a qualcosa. Non completare le finiture interne è una variante contemplata anche dal progetto. Sarà possibile valutarne il completamento in un secondo momento, ora manca solo un mese».

Il braccio di ferro tra progettisti e stazione appaltante di Expo riguarda in realtà non solo l'opera, ma anche gli aspetti contrattuali. L'architetto sottolinea che ancora non c'è stata una regolarizzazione dei contratti. «Lavoriamo da un anno in una situazione di volontariato, senza regolarità». Insomma: tra accuse di un progetto mutilato, diritti d'autore violati e contratti mancanti, tra le due parti si intravede già il contenzioso legale proprio a ridosso dell'evento.
Se sulle rifiniture bianche il destino ormai sembra segnato, rimane invece la pesante incognita degli ultimi due piani. Anche qui è corsa contro il tempo, ma c'è chi già dà per scontato una rinuncia. I progettisti però dicono che non realizzare la copertura sul tetto può creare problemi di surriscaldamento alla struttura.
Gli architetti insomma sanno bene che completare tutta l'opera per il primo di maggio sarà quasi impossibile, ma non vogliono sentirsene responsabili. La colpa, dicono, è di chi ci ha fatto perdere tempo. Il j'accuse è rivolto alla politica e alla burocrazia.

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