Economia

Vitelli (Azimut Benetti): «Il Jobs Act non basta: serve un…

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Vitelli (Azimut Benetti): «Il Jobs Act non basta: serve un Business Act»

Il Jobs Act non è sufficiente per rilanciare l’economia e Paolo Vitelli, patron di Azimut Benetti (il maggior costruttore mondiale di maxi yacht) e parlamentare di Scelta Civica, propone un «business act». «Bisogna far ripartire le imprese – spiega Vitelli – eliminando gli ostacoli che le rendono meno competitive rispetto ai concorrenti dei Paesi avanzati: dal carico fiscale eccessivo al difficile accesso al credito, dai bassi investimenti in innovazione agli scarsi sostegni all’innovazione, dalla scarsa flessibilità del lavoro all’eccesso di burocrazia, sino alla limitata capacità di attrarre investimenti esteri».

Per Vitelli la congiuntura attuale è favorevole e non va sprecata. E le riforme strutturali, seppur assolutamente necessarie, richiedono tempi lunghi mentre servono misure ad impatto immediato per ridare slancio alle imprese.

Il patron dell’Azimut pensa innanzi tutto ad un alleggerimento del carico fiscale alle imprese, da attuare attraverso una riduzione dell’Irap di circa 7 miliardi di euro, «grazie ad un taglio dei sussidi alle imprese del 7% all’anno per 3 anni». Inoltre, a suo avviso, andrebbero detassati «gli utili reinvestiti in cespiti ammortizzabili in incremento della media del triennio precedente». E ancora una revisione delle aliquote fiscali degli ammortamenti sulle immobilizzazioni materiali e agevolazioni sulla deducibilità degli ammortamenti relativi agli investimenti per adeguamenti alle norme ambientali e di sicurezza del lavoro. Senza dimenticare «la “patrimoniale occulta” sui macchinari impiegati dalle imprese nella loro attività».

Dovrebbe inoltre venir favorito l’accesso ai finanziamenti anche incentivando le aziende a quotarsi in Borsa riducendo sia il tax rate per le imprese che si quotano sia la tassazione sul capital gain degli investitori, con un vincolo di detenzione minima triennale dei titoli. «Servono modifiche – prosegue Vitelli – alle norme che riducono la liquidità delle imprese ed occorre promuovere nuovi investimenti, introducendo correttivi alle norme sul credito d’imposta per l’acquisto di nuovi macchinari ed apparecchiature». Vitelli pensa anche agli indispensabili incentivi per gli investimenti in ricerca ed innovazione a partire dalla trasformazione del bonus-credito d’imposta per R&I da misura temporanea ad incentivo strutturale.

Quanto all’export, serve una riorganizzazione ed un rafforzamento di Sace ed Ice. E deve essere migliorato l’utilizzo dei Fondi europei a favore delle Pmi.

«Le coperture – assicura Vitelli – non sarebbero un problema. Basti pensare ai 5 miliardi previsti per le tasse sul rientro di capitali o ai risparmi derivanti dallo smobilizzo delle società di comodo o, ancora, alla dismissione del 5% all’anno, per 3 anni, delle partecipazioni pubbliche nelle società quotate in Borsa. Il valore delle società quotate partecipate direttamente o indirettamente dallo Stato è pari a circa 44 miliardi di euro mentre quello delle società quotate partecipate da Comuni, Province e Regioni assomma a 5,4 miliardi. La dismissione del 5% garantirebbe un gettito pari a 2,5 miliardi di euro all’anno».

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